“Perché amo solo chi fugge?” (V. Conti, ed. Giovane Holden)

Il libro

“Perché amo solo chi fugge?” (il dolore è un talento) è l’ultimo libro di Viola Conti, giornalista e bookblogger toscana.

La narrazione in prima persona ci porta all’interno di una relazione tossica che la protagonista, Celeste, vive nei confronti di Luca, uomo affascinante e sfuggente, due persone ormai adulte.

Con un linguaggio al tempo stesso netto e diretto arricchito da un lessico ricercato e spesso efficacemente figurato, l’autrice ci porta nel vortice di un rapporto in cui rapidamente si configura l’escalation propria della dipendenza amorosa. La protagonista cerca attenzioni da parte di questo uomo che l’ha folgorata: attraverso diverse strategie di seduzione, cerca di conquistarlo, senza grandi risultati. Nel climax degli eventi la disperazione per ciò che non può avere, porta la protagonista a gesti sempre più eclatanti e autodistruttivi.

Infatti, Celeste, nel tentativo di riuscire ad avere uno spazio dignitoso nella vita nel bello e dannato Luca, artista in cerca della propria strada, arriverà a avere una percezione distorta di sé e della realtà, fino a rendersi pericolosa.

Fuori dalle righe

Il libro di Viola Conti ha il grande pregio di affrontare con enorme franchezza un tema molto attuale e stringente: quello della dipendenza amorosa, problematica diffusa nel mondo giovanile e femminile. Nell’iter doloroso di Celeste emergono il dolore, il bisogno ancestrale di amore e la graduale consapevolezza dei conti che talvolta si pagano provenendo da una famiglia in cui certe attenzioni non erano elargite. L’autrice è molto brava nel delineare il labile confine tra passione smisurata e relazione nociva, ponendo in contrasto la ricerca di amore di Celeste e gli atteggiamenti sfuggenti e ingannevoli di Luca. E’ un libro positivo sulla possibilità di attraversare il dolore come strumento di coscienza di sé e occasione per una rinnovata cura verso se stessi.

Mi ha colpito molto il linguaggio, ricercato eppure immediato, capace di tessere un testo scorrevole e coinvolgente. Al termine del romanzo troviamo una sezione redatta dalla mental coach Sonia Veggiotti dal titolo “L’abbandonica”, un contributo teorico sulle relazioni tossiche con alcuni strumenti operativi per l’autoriflessione, un bel connubio tra romanzo e terapia.

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