I balneari: “Altro che lobby di privilegiati, servono provvedimenti urgenti per salvare il settore”

VIAREGGIO. “Nell’ardente dibattito mediatico e politico accesosi a seguito della cosiddetta ‘vendita delle spiagge’, i soli a cui non è stato concesso manifestare la propria opinione sono stati i diretti interessati, titolari delle 30mila imprese balneari italiane.” Lo scrivono in una lettera Vincenzo Lardinelli (Fiba-Confesercenti), Giorgio Mussoni (Oasi-Confartigianato), Fabrizio Licordari (Assobalneari-Confindustria), Cristiano Tomei (Cna-Balneatori) e Riccardo Borgo (Sib-Confcommercio) in rappresentanta dei gestori degli stabilimenti balneari italiani.

“Affidiamo, quindi, le nostre osservazioni a questa lettera, puntualizzando che, negli emendamenti ‘incriminati’, nessuno propone o legittima:

· la vendita di tratti di spiaggia ma esclusivamente delle superfici occupate da strutture destinate a fornire i servizi balneari e quelli accessori e che ormai spiaggia non sono più;

· la sanatoria di eventuali abusi perché l’alienazione riguarderebbe le superfici coperte realizzate dietro debita autorizzazione e sulle quali non siano stati realizzati abusi edilizi;

· la selvaggia cementificazione: le leggi lo impediscono e, se i litorali italiani sono stati preservati dall’edilizia selvaggia, è anche grazie a chi ha salvaguardato le coste perché la loro integrità rappresentava il bene più importante della propria azienda;

· un prezzo di favore perché l’alienazione dovrà avvenire ‘sulla base delle valutazioni correnti di mercato’.

“Abbiamo, invece, assistito sulla nostra pelle a una colossale mistificazione di queste proposte e a una palese strumentalizzazione degli importi dei canoni demaniali con l’esito calunnioso di criminalizzare la categoria. In questa sede ribadiamo la nostra disponibilità, espressa da lungo tempo e in ogni sede, a rivedere i meccanismi di calcolo dei canoni per renderli più equi e precisiamo che il canone demaniale costituisce solo una parte del trattamento fiscale complessivo riservato alle nostre imprese che, tra l’altro, comprende:

· l’Iva al 22% invece che al 10% come per tutte le altre imprese turistiche;

· l’Imu che siamo gli unici a dover pagare anche se affittuari e non proprietari;

· la Tares che viene calcolata sull’intera superficie oggetto di concessione, fino alla battigia.

“Altro che ‘potente lobby di privilegiati’: conferiamo allo Stato ciò che ci viene chiesto e non si tratta di cespiti irrilevanti per attività prettamente stagionali.

“Le 30mila piccole imprese – stabilimenti balneari ma anche alberghi, ristoranti, discoteche, campeggi e altro ancora – nelle quali lavorano 100mila addetti diretti, meritano rispetto e considerazione e non demagogiche prese di posizione pregiudiziali.

“Per la sopravvivenza di questo settore chiediamo agli organi competenti un sereno esame delle proposte, tese a far uscire il comparto da anni di strumentali incertezze che hanno causato il blocco degli investimenti, falcidiato le imprese e reso precaria un’attività che, come ogni altra, ha il diritto di guardare con serenità al proprio futuro.”

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