CAMAIORE. Cosa si prova ad essere immigrati clandestini, in un paese straniero? Facile mettere muri e reti, più complicato riflettere sulla condizione umana, sociale, psicologica, che vive chi arriva in territorio italiano senza documenti in regola.

L’esperienza l’ha vissuta, al rovescio, Damiano Sanna, 19 anni, studente del liceo Carducci di Viareggio. Lui, assieme a due suoi fratelli e al padre, il senatore Francesco Sanna, sono stati fermati in aeroporto a Mosca, accusati di essere immigrati clandestini. Ecco allora, dalle sue parole, cosa di prova a stare dall’altra parte.

“Generalmente rimanere bloccato nella sala d’attesa di un aereoporto, per quanto scomodo e spiacevole, non è una esperienza rara nè sconvolgente. Quando accade però di trovarcisi perché le autorità doganali non ti consentono di raggiungere il tuo paese, l’esperienza risulta molto più spiacevole. Questo e quanto accaduto a me e alla mia famiglia, fermati all’aeroporto di Mosca per un errore nell’emissione del visto. A causa di una discrepanza di poche ore tra lo scadere del visto e l’orario di partenza la nostra condizione è risultata essere quella di stranieri irregolarmente presenti sul suolo russo con tutte le problematiche che ne conseguono. Una condizione, quella di irregolari, che nessun cittadino italiano crede che gli verrà mai attribuita. Estinta nella nostra memoria l’immagine degli italiani che a milioni arrivavano nei freddi porti americani per cercare fortuna, quello di clandestino è un aggettivo che colleghiamo solo a quegli stranieri che spesso assistono i nostri anziani, raccolgono le nostre arance e vengono mandati a vendere sulle nostre calde spiagge. Ma il caso alle volte ci stupisce e nelle difficoltà ci offre la possibilità di vedere una frazione di mondo attraverso gli occhi dei più sfortunati. A me ha riservato l’esperienza di dover comunicare con persone che non parlavano la mia lingua (e neppure l’inglese) perché in virtù di un pezzo di carta io ero l’irregolare e loro le autorità che avrebbero deciso se farmi ripartire o no. E mentre vedevo i cittadini russi varcare il check in, forse quegli stessi che fanno la fortuna delle nostre amate località turistiche e per la serenità dei quali ci curiamo di tenere a distanza i clandestini (anche se a questo punto del racconto è forse meglio dire Vu cumprá per non confonderci) mi sono seduto su una delle scomode poltroncine ringraziando Dio del fatto che una rete non le riservasse ai soli cittadini russi. Accanto a me era sdraiato un pover’uomo che ho capito subito non essere lá per prende un aereo ma per trovare un posto dove passare la notte e ho pensato che il problema non si trova semplicemente nel non dimenticare la difficoltà dello straniero in quanto tale, ma comprendere che nessuno , italiano , russo, americano o senegalese si possa sentire al sicuro in una società dove, accanto alle auto di lusso convivono, persone che non hanno nulla, e dove ai più deboli è riservata non maggiore ma minore attenzione. Perché se così fosse il disgraziato, il clandestino, domani potresti essere tu”.

Damiano Sanna

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