VIAREGGIO. “Le vicende degli ultimi mesi hanno riportato la questione Porto alla ribalta sotto molteplici aspetti e un significativo balzo in avanti dell’attenzione mediatica; attenzione che peraltro non ha suscitato negli attori dell’arena portuale quel balzo in avanti che ci si aspetterebbe, specie in momenti in cui, come questo, si deve far fronte ad una crisi che si trascina da anni e che ora sembrerebbe in procinto di allentare le morse verso una timida ripresa.” A scriverlo è Gabriele Chelini, coordinatore del Movimento dei Cittadini per Viareggio e Torre del Lago.

“E’ evidente a tutti che in Darsena c’è bisogno di fare chiarezza soprattutto perché avere regole chiare e far si che siano rispettate da parte di tutti, non può che fare bene all’intero comprensorio.

“Le radici di Viareggio sono legate indissolubilmente al suo Porto, che non è nato per caso, ma per dare lustro e ricchezza ad una città attraverso l’arte della marineria, oggi ancora palpabile nell’artigianato della nautica: si perché di artigianato si tratta, un artigianato che ha assunto le dimensioni anche di grande impresa, ma che non per questo cessa di essere tale.

“Detto questo, vorrei portare la riflessione su un altro piano: se cioè questo porto è all’altezza della città che lo ospita o piuttosto se quest’ultima sia all’altezza del suo specchio d’acqua protetto.

“Credo, senza tema di errare, che attualmente sia Viareggio e le sue realtà istituzionali ed economiche a non essere all’altezza di un porto che non ha eguali nella zona, per la sua sistemazione logistica e per la sua vocazione all’arte della nautica.

“La nautica viareggina oggi vive i dolori del suo porto: lui mal gestito fino a pochi mesi fa (ora almeno l’autorità regionale rappresenta una maggiore garanzia di imparzialità) lei in una difficile congiuntura; lui campo di battaglia fra troppi interessi, lei che difetta di quel saper “fare sistema” tra i diversi attori, che senza limitare la normale competitività tra gli stessi, ne permetterebbe un rilancio a 360 gradi, capace di legare il nome della città ad un’eccellenza internazionale e ne farebbe un unicum di fronte al mondo.

“Tutto è diviso a Viareggio, il tessuto connettivo della città non esce dalle secche e dalle paludi del suo essere mediocremente “stata grande”. Servirebbe un cambio di passo, un metodo più condiviso per superare problemi e affrontare cambiamenti necessari in un mondo che è cambiato così violentemente. Penso allora per esempio a come sarebbe un marchio tipo “Viareggio Yachting System” accanto a quello del cantiere costruttore, su ogni prodotto che esce dalle nostre officine, che bacia l’acqua nelle nostre darsene.

“I mezzi e le menti per realizzare una politica comune sia nel porto che nella nautica ci sono, la volontà di farle non credo al momento: la politica dovrebbe dimostrarsi all’altezza e fare meglio di quanto ha fatto fino ad oggi e le imprese locali dovrebbero essere disposte a creare quelle sinergie di cui ci sarebbe bisogno.

“Basti pensare che ancora si sta a discutere sul Salone della Nautica a Viareggio sì o no. Ma che si aspetta a scipparlo a Genova? Quest’anno è stato come negli ultimi un insuccesso già prima di partire, dunque cosa manca a Viareggio logisticamente e fattivamente per portare il Salone in casa? Il 70% degli yachts presenti quest’anno erano di cantieri viareggini: questo può bastare?

“Dunque non resta che aspettare oppure si può ancora fare qualcosa per non perdere ulteriori treni, anzi navi? Il Salone della nautica potrebbe essere un ottimo viatico per mettere l’imprenditoria della nautica tutta ad un tavolo ed iniziare a fare qualcosa di nuovo.”

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