VIAREGGIO. Nuova puntata di FeliceMente, la rubrica di VersiliaToday dedicata alla mente e alla sua conoscenza, curata dalla dottoressa Valentina Aletti. Questa settimana l’articolo è firmato da Ornella Giusti, insegnante di psicologia-pedagogia-filosofia.

Pianeta scuola: perché dopo aver assicurato il diritto ad un buon inizio dell’anno scolastico è indispensabile sostenerne un buon proseguimento

 

Le considerazioni sulla scuola sono soprattutto quelle che riguardano il suo essere luogo di apprendimento, quindi di educazione, istruzione, formazione. Passa sotto tono la sua natura principale, quella di essere per tutti, il primo vero palcoscenico sociale.

Qui per la prima volta i compagni di gioco non sono più solo compagni ma anche la “ misura” con la quale ciascuno si trova inevitabilmente a confrontare le proprie capacità. Del resto sono pochi quelli che non hanno mai sentito dire, da mamma o papà, dopo un compito in classe; “…ma come ha fatto il tuo compagno?” o ancora peggio “Devi darti da fare per essere più bravo di lui (o lei)”. Ma anche gli sguardi e il tono della voce parlano, quando ad esempio un adulto si rivolge con considerazione particolare ad un compagno/a del proprio figlio/a ed esprime nei suoi confronti stima ed ammirazione; valutazione che ,anche involontariamente, se non esclude il ragazzino di casa, comunque lo sminuisce.

Insomma se da piccolo il bambino che ha camminato e/o parlato presto o fatto altre prodezze è stato definito e considerato un vero prodigio da genitori e nonni , quando entra a far parte della scuola , a confermare o meno la sua straordinarietà sono altri fattori: l’impegno richiesto dall’apprendimento,la capacità dimostrata nel metterlo in pratica, la misurazione con i voti ed il confronto diretto con i risultati conseguiti dai compagni .

L’ insieme di questi elementi lascia una traccia importante per l’intero corso di studi perché delinea il profilo dello studente, ovvero il suo successo o insuccesso, il fatto che decida di continuare a studiare con motivazione ed impegno o , al contrario, rifiutare e abbandonare la scuola.

Soprattutto quando i più piccoli entrano in questa nuova dimensione sociale è fondamentale l’attenzione per le loro caratteristiche psicologiche. Nella fascia della Scuola Primaria i bambini sono alla ricerca di conferme per ciò che pensano, dicono, fanno. Sono i rimandi affettivi, emotivi, contenuti in uno sguardo nel tono della voce e negli stessi voti a dare un contributo determinante alla formazione dell’idea di se stessi in termini di autostima o di inadeguatezza, quindi fiducia o sfiducia nelle proprie capacità.

La preoccupazione più grande, almeno all’inizio, è quella di riuscire bene, di essere considerato, ma se nel retroscena familiare avanzano richieste incalzanti sulla necessità e dovere di essere comunque bravi, l’ansia di fronte alle nuove regole proprie della vita scolastica e dell’imparare diventa vera e propria ansia da prestazione. Stretto tra due realtà che gli richiedono la stessa cosa, riuscire, ma non gli offrono uno spazio adeguato per riprendersi , riequilibrarsi, il ragazzino può optare per la fuga che può essere la distrazione e/o il rifiuto di fare i compiti. Un chiaro segnale di rinuncia per evitare il confronto non tanto con gli altri quanto con l’idea che ha di se stesso,: quella di un ragazzino/a inadeguato, incapace, buono solo a combinare guai, perdere le cose,non finire i compiti nei tempi richiesti,cosa che al resto dei compagni sembra riuscire benissimo. Questo tipo di preoccupazione paralizza e la dimostrazione è lo sguardo perso nella confusione dei pensieri di fronte ad un calcolo richiesto da fare a mente, come ad esempio rispondere alle tabelline.”Nove per otto?”Quando l’ansia prende il sopravvento non è raro vedere bambini che si battono furiosamente una mano in testa, quasi a far uscire il risultato…o altri che scelgono il silenzio della così detta “scena muta”, anche se in ambedue i casi hanno studiato. Troppo spesso la scuola interpreta l’ansia da prestazione come una caratteristica personale del soggetto mentre la presenza di questo disagio è da attribuire soprattutto al fatto che sono ancora troppi gli adulti , genitori e insegnanti, che finiscono con il dare più importanza al rendimento scolastico che alle variabili emotive ed affettive proprie del minore che nella scuola ha la sua prima importante palestra di vita.

A scuola non si va per dimostrare che siamo (o dobbiamo essere) i più bravi ma è l’occasione per imparare a crescere migliori. Anche sbagliare aiuta a farlo, perché l’errore, ricordava Rodari, insegna a perdere e una volta che si è imparato a riconoscerlo e a non ripeterlo, regala l’entusiasmo della conquista , un bel po’ di sana autostima e senso di responsabilità.

di Ornella Giusti

FeliceMente è curata da Valentina Aletti, psicologa clinica, laureata presso l’Università degli Studi di Firenze. Specializzanda in psicoterapia sistemico-relazionale ha conseguito master di perfezionamento in PNL , diagnosi e cura dei disturbi del comportamento alimentare e obesità , consulenza tecnica e peritale e disturbi dell’apprendimento e comportamento in età evolutiva. Per informazioni o richieste scrivere a [email protected]

Avvertenza: questa rubrica ha come fine quello di favorire la riflessione su temi di natura psicologica. Le informazioni fornite hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di regolare consulenza professionale. Le mail saranno protette dal più stretto riserbo e quelle pubblicate, previo esplicito consenso del lettore, saranno modificate in modo da tutelarne la privacy.

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ultimo aggiornamento: 03-11-2013


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