VERSILIA. Appuntamento domenicale con FeliceMente, la rubrica di VersiliaToday dedicata alla mente e alla sua conoscenza, curata dalla dottoressa Valentina Aletti.

“Vorrei tanto non diventar rosso”: scopriamo la timidezza.

 Il termine timidezza viene utilizzato per indicare tutte le forme di imbarazzo che si possono avvertire in presenza degli altri. Non esiste una definizione univoca e scientifica di tale parola, tuttavia si parla di timidezza quando si presenta una tendenza spiccata a mantenersi in ombra e ad evitare di prendere l’iniziativa in qualsiasi tipo di situazione sociale e relazionale. La persona è impacciata nelle interazioni, nonostante ci sia il desiderio di affrontare certe relazioni.
La timidezza non è una malattia, ma è un disturbo che può creare un disagio notevole che nei casi più gravi può portare a complicazioni psicologiche, quali la depressione, la tendenza all’isolamento sociale, la mancanza di progettualità e di crescita individuale.

Si manifesta nei più svariati modi dal classico arrossamento del volto alla mancanza di saliva, sudorazione e tremolio fino ai disturbi della parola (balbuzie) e della respirazione (respiro corto).
Ci possono essere varie motivazioni che portano la persona a manifestare timidezza come la paura di disturbare l’altro o l’impressione ossessiva e paralizzante che gli altri siano lì per giudicarci. L’esposizione di fronte ad un gruppo in questi casi è molto difficoltosa sin dai banchi di scuola, in cui la persona è chiamata a leggere in classe o ha paura di fare domande
Non si conoscono esattamente le
cause della timidezza ma sembra dimostrato che i fattori ereditari esercitino un ruolo primario nello stabilire gli aspetti strutturali della personalità; l’ambiente poi gioca un ruolo altrettanto fondamentale nel cristallizzare certe predisposizioni. Molti bambini, nati timidi, possono dunque riuscire a superare i loro problemi d’inibizione, mentre altri possono rimanere timidi per tutta la vita a causa delle influenze subite dall’ambiente.
Sicuramente l’ambiente familiare e le prime relazioni con le figure genitoriali influiscono sulla timidezza, anche se ogni caso non è generalizzabile. Frequentemente una famiglia blindata, poco numerosa e con pochi contatti sociali, dove anche i genitori hanno atteggiamenti timidi e riservati verso gli altri, dove si parla poco, non ci si scambiano manifestazioni d’affetto, non si esprimono le emozioni, permetterà alla timidezza di trovare maggiore terreno fertile. E’ abbastanza normale in questo caso che il bambino sviluppi comportamenti caratterizzati dall’inibizione, con uno stile di vita molto riservato, assenza di iniziative, scarsa propensione al rischio e alla competizione.
La timidezza può essere superata una volta indagate le sue origini e le cause che rendono timidi. Si può lavorare per vincere la timidezza e riscoprirsi più sicuri di sé in primis riconoscendosi questa caratteristica e successivamente cercando di aumentare l’autostima, le proprie capacità comunicative e superando la paura di sbagliare e dell’ignoto.

Sarà necessario strutturare un percorso di superamento graduale delle timidezze partendo da quelle più alla portata della persona per poi giungere a quelle più difficili.
La costanza è la chiave per vincere la timidezza anche se personalmente ritengo che sia quasi un pregio in questa epoca di vite vissute pubblicamente , che andrebbe preservato trasformandolo in riservatezza.

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FeliceMente è curata da Valentina Aletti, psicologa clinica, laureata presso l’Università degli Studi di Firenze. Specializzanda in psicoterapia sistemico-relazionale ha conseguito master di perfezionamento in PNL , diagnosi e cura dei disturbi del comportamento alimentare e obesità , consulenza tecnica e peritale e disturbi dell’apprendimento e comportamento in età evolutiva. Per informazioni o richieste scrivere a: [email protected]

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ultimo aggiornamento: 10-08-2014


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