PIETRASANTA. Un articolo destinato a suscitare interesse e curiosità. In Italia è stato ripreso da DAGOSPIA, il sito “di retroscena” di Roberto D’Agostino, partendo dall’originale, a firma di Tim Teeman, apparso mercoledì su THE DAILY BEAST, rivista on line statunitense, fondata e redatta da Tina Brown, già editrice di Vanity Fair e The New Yorker. L’occasione è data dalla mostra “Michelangelo e la Versilia” in corso a New York, presso l’Istituto Italiano di Cultura. Mostra promossa e organizzata dai Comuni di Pietrasanta, Forte dei Marmi, Seravezza e Stazzema, con il sostegno della Fondazione Banca del Monte di Lucca e la collaborazione di Artigianart Pietrasanta, Cosmave, Casa Buonsarroti, Metamorfosi, Savema, Tirrena e MSC.

 

Ecco la lettura della versione Dagospia (la versione originale su www.dailybeast.com) :

 

“CHI FA DAVVERO LE GRANDISCULTURE DI DAMIEN HIRST E SOCI FAMOSI? I NOSTRI ARTIGIANI DI PIETRASANTA! TRA MARMO E FONDERIE, ECCO GLI EROI NASCOSTI DEL MONDO DELL’ARTE: LORO SONOGEPPETTO, L’ARTISTA E’ LA BALENA CHE SI PRENDE IL MERITO E INGOIA SOLDI A PALATE

Henryk Hetflaisz hadedicato ai nostri artigiani il reportage che ora è diventato una mostra intitolata “Homo Faber”, da domani presso l’Istituto Italiano di Cultura a New York. I nostri mastri sono maghi che da un disegno ricevuto via fax realizzano creature di proporzioni gigantesche. Quando l’artista ufficiale è lontano, sono loro a fare le scelte…

 

Henryk Hetflaisz è il fotografo che ritrae gli scultori nei propri studi. Siccome oggi molti scultori disegnano al computer, creano bozzetti con fogli e matite sulla scrivania, fanno modellini in legno oppure, nel caso siano concettuali, immaginano e basta, Hetflaisz si è domandato dove si scolpissero o si stendessero le grandi opere in bronzo e marmo di gente come Damien Hirst, Fernando Botero, Marc Quinn.

 

La risposta? Pietrasanta, paesino della Toscana, alle pendici delle montagne di

(Foto: Henryk Hetflaisz)
(Foto: Henryk Hetflaisz)

Carrara. Qui Hetflaisz ha scoperto un luogo delle meraviglie, uno sciame di artigiani appassionati che, coperti di polvere, cesellano leo pere degli artisti più famosi e fanno stampi di cera prima di fondere il bronzo. Il reportage è ora diventato una mostra intitolata “Homo Faber”, da domani (4 dicembre-4 gennaio) presso l’Istituto Italiano di Cultura a New York.

 

 

Agli artigiani di Pietrasanta, negli anni, si sono rivolti Jean Hans Arp, Jacques Lipchitz, Tracey Emin, Joan Miró, Marino Marini, Fernando Botero, Helaine Blumenfeld, Giò Pomodoro, Isamu Nogichi, Igor Mitoraj. E questi sono solo alcuni.

 

Questi artigiani sembrano essere maghi, gestiscono fiamme ef umo e producono creature di proporzioni gigantesche. C’è vera alchimia con ciò che realizzano. I segreti passano di generazione in generazione. Sono gli eroi non celebrati del mondo dell’arte. Molti sono uomini, quasi tutti italiani, ma vi sono anche donne, una di loro ritratta mentre lavora su uno degli angeli di Damien Hirst, che poi è stato venduto per 800.000 sterline. Hanno vent’anni o settanta: Sergio, ripreso mentre lavorava all’opera dello scultore norvegese Knut Steen, nel frattempo è deceduto.

 

Alcuni studi hanno dei magazzini in cui conservare strumenti e modelli, altri sono costretti a lasciarli fuori, esposti alla pioggia e al sole, coperti solo da qualche telo di plastica. Ogni studio ha dai 5 ai 10 scultori, lavorano in coppia ma più spesso da soli. Nelle fonderie il caldo è spaventoso, si lavora sulla fornace, e i ventilatori servono a poco. Si può seguire l’intero processo nel cortometraggio di Silvano Cattai sulla creazione di “Tempesta” di Helaine Blumenfeld.

 

Ancora oggi gli artigiani sono autodidatti, imparano il mestiere dai mastri, che a loro volta hanno imparato da altri mastri. Una delle sfide è mantenere vivo l’interesse nei giovani, che mirano a diventare ricchi e famosi, come altrove nel mondo, mentre qui sono anonimi, non troppo pagati né riconosciuti. E’ una zona non materialistica, non incentrata sul culto della celebrità. Ci sono uomini così coperti di polvere bianca che sembrano essi stessi statue, circondati di picconi come fosse una spedizione artica. Questo finissimo lavoro può rappresentare un’accusa a chi si prende il merito di un’opera che in realtà è creata da altri. C’è da dire però che anche Michelangelo aveva nel suo studio artigiani che riproducevano, cesellavano e realizzavano. Non è un’idea nuova, fa parte della produzione in larga scala.

 

Molti artigiani sono artisti. Anche se questo mestiere non è libera espressione artistica, lavorare sulle opere altrui è un buon modo di esercitarsi essendo però retribuiti. In ognuno di loro c’è il fuoco dell’arte:ci vuole occhio, straordinaria attenzione ai dettagli, senso della proporzione,capacità di tradurre un’idea in un’opera. E’ molto diverso vedere un disegno su carta dal realizzarlo cento volte più grande. Nel passaggio si prendono molte decisioni artistiche. Quando l’artista ufficiale è lontano, sono gli artigiani a fare le scelte.

 

A parere di Hetflaisz, nella relazione fra artista e artigiano, ognuno ha bisogno dell’altro. E gli artigiani gli sono sembrati felici di trascorrere i giorni a interpretare la visione di altri. Ovviamente, c ’è più rispetto per gli artisti che le cose se le fanno da soli, e che hanno imparato ad essere anche artigiani. Ma viene rispettato anche chi invia i disegni via fax: qualcuno sostiene che se non è valido il modello iniziale, non può essere valida nemmeno l’opera finale.

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