(Foto: Matteo Ghilarducci)
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VIAREGGIO. Sembra di essere tornati indietro nel tempo, a quel lontano 1860 quando “i Mille” guidati da Giuseppe Garibaldi partirono da Quarzo alla volta di Marsala alla conquista del Regno delle Due Sicilie. A distanza di 155 anni le giubbe rosse sono tornate in una spedizione, capeggiata da Roberto Vannucci, volta alla presa dei viali a mare. Con loro anche tante donne avvolte in splendidi abiti che richiamano al tricolore e le eccellenze del nostro Bel Paese (moda, cultura, arte) ognuna rappresentata da una sgargiante mise che fa da scenografia al carro “Bella Ciao”.

(Foto: Matteo Ghilarducci)
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Il Carnevale è anche questo. È l’esercito di “sbrodolini”, i bianchi spermatozoi portatori del cromosoma euro guidati dai fratelli Cinquini e pronti a fecondare con il loro flagello la “Mutti” Merkel.

È la schiera di giullari gialli e blu con il loro cappello voluminoso, le scarpe a punta e il mantello fucsia proprio come il burattino protagonista del carro di Massimo Breschi “Quello che non vorrei vedere”. È la tribù africana dei fratelli Bonetti con i suoi abiti coloratissimi (e lo splendido trucco) che ci catapultano nel Continente Nero dove la caccia al frodo degli elefanti per accaparrarsi il loro “oro bianco” ha raggiunto livelli storici.

(Foto: Matteo Ghilarducci)
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Il Carnevale è un fifty-fifty. Se una buona metà dello spettacolo la fanno i giganti di cartapesta, l’altra metà spetta di diritto alle maschere, ai figuranti che ogni domenica animano i corsi mascherati con i loro costumi, le coreografie provate e riprovate durante tutto l’anno e la loro voglia di far festa.

(Foto: Matteo Ghilarducci)
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Il Carnevale sono gli illusionisti di Alessandro Avanzini che tentano di far muovere la tartaruga Italia, con i loro pantaloni gessati e quel frac che, quasi come per magia, si colora di rosso, bianco e verde trasformando il corteo delle maschere in un lungo tricolore. Sono i mendicanti con quegli strani cappelli arricciolati e le pentole in mano, circondati dai lunghi cilindri della Finanza Mondiale che hanno acceso il condizionatore de “Il grande freddo”.

(Foto: Matteo Ghilarducci)
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Sono i mille splendidi soli che colmano il vuoto nero che ci circonda e ci riempiono di gioia proprio come il carro di Fabrizio Galli o sono i robot transformers con muscoli d’acciaio e coloratissime armature guidati dal Renzi riformers della coppia Politi-Borri.

E ancora le oscure presenze che tentano il Pinocchio di legno di Franco Malfatti o quei pagliacci con il bavero e i pon pon che animano il grande fossile di Carro Lombardi e che ci riportano al Carnevale di una volta.

Non solo tra i carri grandi, anche nelle costruzioni inferiori l’outfit è ormai

(Foto: Matteo Ghilarducci)
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elemento imprescindibile. Sembra di entrare in una pasticceria quando si passa in mezzo ai cupcake gialli, blu e fucsia di Jacopo Allegrucci o sembra di essere al centro di un concerto tra le note del muro del suono di Luciano Tomei.

(Foto: Matteo Ghilarducci)
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Coloratissimi i costumi hippy-style de “La grande bellezza” di Edoardo Ceragioli, cirocondati dai neri palazzoni di una grande metropoli, più classici i burla macchini bianchi e neri di Emilio Cinquini alle prese con i polipetti e con i sette vizi capitali.

(Foto: Matteo Ghilarducci)
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E come non citare i cortei delle mascherate. I camerieri della strampalata cucina del Padiglione Italia, diretti dal maitre Luca Bertozzi o i moderni Don Chisciotte e Sancho Panza di Marzia Etna nello scontro con i mulini a vento, mentre sembrano usciti da un’opera lirica i maestosi costumi del “Carnevale surreale” di Enrico Vannucci.

(Foto: Matteo Ghilarducci)
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Tra le maschere isolate sposine al seguito di “Bergoglio e pregiudizio”, soldati a difendere la “Mina…vagante”,corteo tricolore a scortare “Tu vuò fa’ Napolitano” e quello un po’ più tetro de “I Residente della Repubblica”, mentre atmosfere dantesche ci conducono nell’Inferno di “Perdete ogni speranza, voi ch’entrate”.

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