VIAREGGIO. Chiara Rapaccini, compagna di Mario Monicelli, è salita sul palco al termine del corteo per leggere cosa il regista scrisse riguardo la strage di Viareggio. Un attacco pesante rivolto alla classe dirigente. Un testo lungo e profondo che lascia in dote molti spunti di riflessioni.

“Il Paese è allo sfascio, alla deriva e la strage di Viareggio esprime bene il declino dell’Italia. Quei trentadue morti sono lì a indicarci l’incuria, l’arroganza di chi governa. Siamo governati da una classe dirigente inetta, priva di un’adeguata cultura di governo, intenta solo ai propri tornaconti.

“Mi chiedo ancora, ad un anno di distanza, come si possa far passare a quella velocità un treno con esplosivo senza avvisare del suo passaggio, senza precauzioni, senza prendersi cura della gente? E i treni-bomba continuano imperterriti a solcare le nostre città.

“La strage è anche metafora del malgoverno delle ferrovie e del declino di un mezzo di locomozione che ha segnato lo sviluppo del Paese: il treno. Oggi i treni in Italia sono un’avventura. Non si sa quando si parte e quando si arriva. E soprattutto può capitare di rimetterci la vita. Per non parlare della stazione di Viareggio, delle stazioni d’Italia, ormai luoghi spesso degradati.

foto aldo umicini europacinema 2005 incontro e festeggiamenti per monicelli“Una volta a Viareggio la stazione era il cuore della città. Da ragazzi si andava a giocare nel suo piazzale, ci si incontrava con le ragazze, si intrecciavano nuovi amori. Poi la stazione è diventata periferica. Degradata. Ai margini.

“Per queste ragioni ho firmato per l’allontanamento dell’amministratore delegato delle Ferrovie Mauro Moretti, ma le firme non sono valse a nulla: è ancora lì al suo posto. Lui come gli altri amministratori. Lui come i ministri competenti.

“La strage è ancora senza giustizia. Guai infatti a pensare che quello che è successo un anno fa con il suo carico di morti e di distruzioni sia frutto del destino avverso. L’errore più grande che possiamo fare è quello di credere alla fatalità.

“No, siamo noi uomini i responsabili di quello che succede. Quei trentadue morti reclamano pietà, ma anche giustizia. E la giustizia tarda ancora a venire. Non c’è da meravigliarsi più di tanto: l’Italia è il Paese delle verità nascoste e della giustizia negata.

corteo strage“Da Ustica alla mia amata Viareggio. Ho ancora impressa nella mente le immagini di quella tragica notte del 29 giugno di un anno fa. Scene da film apocalittico. Scene virtuali, di celluloide. Immagini terrificanti. Si vedeva gente in controluce, sbigottita, che esterrefatta urlava rabbia e paura. Nel cielo lampeggiavano grandi bagliori.  Poi gli occhi si appuntarono sul sangue, i corpi bruciati, le case distrutte.

“Una tragedia immensa che ha colpito a tradimento, nel cuore della notte, gente normale, in maniera casuale mentre tornavano a casa o andavano a divertirsi. Immagini terrificanti. Per la mia città è stata una ferita al cuore. Ma Viareggio possiede un’anima sobria, ironica, molto concreta che l’ha aiutata a rimboccarsi le maniche nel momento della tragedia. Dopo il pianto e il lutto la città si è rialzata in piedi. Con dignità e orgoglio. I turisti hanno continuato a venire, le attività economiche sono proseguite.  Nonostante un Paese allo sfascio, Viareggio ha saputo dare la riscossa.

“Parte dal basso la voglia di un Paese nuovo, coeso, che reclama una classe dirigente all’altezza dei tempi.  La strage è anche il simbolo della voglia di cambiamento della gente. Dal dolore e dalla tragedia può sbocciare il fiore della rinascita”.

(ultimo aggiornamento ore 00:44)

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ultimo aggiornamento: 29-06-2015


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