Dice Kahlil Gibran che “non si può toccare l’alba se non si sono percorsi i sentieri della notte”. Quei sentieri che Fabio Rosati avrebbe volentieri evitato, metafora di un calvario durato quattro mesi, di un’ernia che gli ha provocato fastidi e dolori (non solo fisici) prima che fosse rimossa con un intervento chirurgico. E anche dopo. 119 giorni sono trascorsi da quella che, prima di oggi (10 apr) ricordavamo come la sua ultima apparizione indossando la maglia del Viareggio.

Già sedere in panchina, per lui, era una vittoria. Figuriamoci tornare in campo, seppur per una manciata di minuti. Qualche attimo per domare l’emozione, di riprendere confidenza con quel mondo a cui aveva dovuto dire “arrivederci”, suo malgrado. Due tiri e un assist. Come se il tempo si fosse cristallizzato. E pazienza, se erano da poco passate le 16,30 ed il sole era già altissimo in cielo.

“Fuori si sta male – racconta sollevato -, sono contento per il rientro, adesso mi sento finalmente bene e sono pronto per aiutare la squadra. Mi dispiace non averlo fatto sino ad ora, voglio dimostrare il mio valore. Non sono al 100%, quattro mesi di stop sono tanti. Potevamo vincere, lo meritavamo”.

Una stagione maledetta, per Rosati e per il Viareggio. Fosse per lui, rinnoverebbe all’istante: “Se il direttore vuole (sorride, ndr), i matrimoni si fanno in due. Io resterei volentieri, qui mi trovo benissimo. Ho giocato da seconda punta, ma sono abituato a ricoprire tanti ruoli”.

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ultimo aggiornamento: 10-04-2016


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