Anche il 2017 è stato per le costruzioni un anno di grande delusione. Avevamo riposto molte aspettative sul tanto atteso “segno più” per il settore dopo una lunga profonda crisi. Invece si registrano ancora cali della produzione a livello nazionale (-0,1% nel 2017; -36,5% dall’inizio della crisi – dati Ance nazionale -), confermati dai numeri provenienti dalle Casse edili locali che non accennano a invertire la tendenza al ribasso (-37% di imprese e – 40% lavoratori dal 2008 nell’area Lucca Pistoia Prato).

Su tale dinamica incide in modo preponderante il dato estremamente negativo delle opere pubbliche, un sistema andato completamente in crisi. Tutto è bloccato non soltanto per il calo degli investimenti, ma anche a causa del nuovo Codice degli appalti che, a distanza di un anno dalla sua entrata in vigore, ha fallito i grandi obiettivi che avevano accompagnato la sua presentazione: semplificazione, trasparenza, ripresa del settore. Noi di tutto questo non abbiamo visto nulla; abbiamo toccato con mano, invece, il disorientamento, l’incertezza e la tanta frustrazione anche nelle Amministrazioni, prive, come noi, di un quadro minimo di regole certe.

A tutti i candidati incontrati durante la campagna elettorale abbiamo posto come priorità quella di un radicale intervento sul Codice degli appalti perché bisogna avere il coraggio di dire che è stata una riforma fallimentare che va profondamente ripensata, partendo dalla sua impostazione giuridica.

Uno dei perni della riforma, infatti, era il sistema di “soft law” fatto di linee guida Anac e altri provvedimenti ministeriali che avrebbero dovuto fornire le indicazioni operative e completare la normativa. Peccato che il sistema non abbia funzionato: dei 67 provvedimenti attuativi “soft” previsti nel Codice e nel successivo decreto correttivo, ad oggi meno di un terzo ha visto la luce e molti di essi non hanno fornito certezze, ma, se possibile, maggiori dubbi, con la conseguenza che ci ritroviamo una normativa tanto complessa, quanto incompleta, che non dà alle Stazioni appaltanti i necessari “punti fermi” per la loro azione. Un esempio ne è l’aberrazione della pratica del sorteggio che, in assenza delle tanto attese indicazioni operative sui criteri di selezione delle imprese, continua ad essere utilizzato dalle stazioni appaltanti in luogo di una responsabile attività di scelta.

E’ evidente quindi che occorre ripristinare un Regolamento di attuazione del Codice che dissipi i dubbi interpretativi e fornisca regole certe per operare.

Ci rendiamo conto che questo processo non sarà immediato: occorrerà una nuova legge delega che porti con sé i tempi istituzionali connessi al processo di riforma legislativa: ma noi non abbiamo tutto questo tempo, le imprese muoiono!

Per questo, come sistema Ance, ribadiamo con forza, a quella politica che si è candidata a guidare questo Paese, che è tempo di mantenere le promesse fatte. È tempo di mettere al primo posto dell’agenda parlamentare e di Governo questo tema, adottando una strategia immediata fino al momento in cui la riforma del Codice non si sarà completata: un provvedimento urgente, un decreto legge “ponte” che metta in campo da subito alcune misure in grado di fare uscire tutti, pubbliche amministrazioni e imprese, da questa insostenibile situazione di “stallo”. Il sistema Ance si sta mobilitando e sta raccogliendo da tutta Italia segnalazioni dalle imprese sui casi concreti delle disfunzioni quotidiane causate da questo Codice. Nei prossimi giorni torneremo a farci sentire sia a livello nazionale che locale per portare all’attenzione dell’opinione pubblica fatti, non parole.

Questa riforma va superata il prima possibile.

Nessun Governo, di qualsiasi natura sia, può permettersi un’economia che spenga il suo motore fondamentale: l’edilizia. Far ripartire davvero questo Paese significa far ripartire il nostro settore.

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ultimo aggiornamento: 29-03-2018


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