Un post su Facebook, su femminicidi e ciclisti morti, e lo scritto sul noto social a firma dell’avvocato Eros Baldini ha scatenato un inferno.

“Nel 2018 sono state uccise 142 donne. Nello stesso periodo sono stati uccisi anche 219 ciclisti.”.
Non ho espresso opinioni, pareri o posizioni personali. Ma il solo fatto di aver accostato due eventi delittuosi così diversi ha provocato molte reazioni.
Alcuni hanno capito. Purtroppo pochi, ma abbastanza per confortarmi di non essere un pazzo, o almeno l’unico in circolazione.
Molti hanno espresso il loro disaccordo, sottolineando negativamente il “paragone” (Paragone: Confronto istituito fra due termini allo scopo di valutarne la diversità o rilevarne l’affinità. Ndr). Non riesco a vedere dove hanno trovato anche un’ipotesi di paragone.
Ripeto:mi sono limitato ad indicare due dati numerici.
Altri hanno sottolineato la differenza tra omicidio doloso e colposo. Forse non hanno colto il significato del mio post, ma hanno almeno capito che in entrambi i casi si tratta di omicidio. In un incidente, raramente il ciclista non è la vittima.
Altri ancora, con toni ben più accesi, si sono scandalizzati per l’indebito accostamento. Ho cercato, senza riuscirci, di rendere palese il parallelo (Parallelo: qualificare un rapporto di analogia o di simmetria, che garantisce l’autonomia dei termini, che tuttavia possono integrarsi a vicenda.Ndr). Ho tentato anche invano di far capire che, seppur diverse, le due disgrazie portano alle medesima conseguenza: la morte. Con i tragici corollari di lutti familiari e dolore dei congiunti. Ho anche provato a sottolineare il differente trattamento mediatico delle diverse vicende, ritenendo che, se anche di gravità diversa, anche il dramma di chi non può più abbracciare un proprio caro, meriti attenzione e rispetto. Ma evidentemente non sono stato capace.
Addirittura qualcuno si è offeso e mi ha accusato di mancanza di rispetto per la tragedia della violenza sulle donne. Me ne dispiaccio e chiedo scusa: non era mia intenzione. Ma chi si è indignato sicuramente non ha inteso il senso del post. Ed altrettanto sicuramente non mi conosce, ma nemmeno ha avuto l’accortezza e la pazienza, visto che era già su facebook, di andare a visitare il mio profilo. Non solo sicuramente avrebbe maturato diversa opinione, ma avrebbe potuto constatare che sono contrario alla violenza sulle donne ed alla violenza in generale. E avrebbe potuto osservare che la mia condanna della violenza, il mio interesse alla violenza di genere, la mia difesa della donna è costante ed è presente sempre. Non solo in occasione della giornata mondiale.
A quelli che invece hanno detto che i ciclisti indisciplinati, inosservanti del codice della strada, irrispettosi degli altri utenti della strada “in fondo se la vanno a cercare” rivolgo un ringraziamento e i sensi della mia preoccupazione.
Li ringrazio perché hanno giustificato il mio post e reso evidente il parallelo con le donne che “se la sono cercata” perché indossavano abiti succinti o hanno accettato inviti da uno sconosciuto.
E sono preoccupato perché il problema è serio e profondo; richiede certamente molta più attenzione di quanta ne sia già stata data. E’ un problema di cultura. La cultura della prepotenza, sempre più dilagante.
Il mio post era e voleva essere provocatorio, ma in realtà sembra non aver scosso le coscienze. Quantomeno non abbastanza e non nel senso sperato.
E ora potete decidere di rimuovermi dagli amici, di bannarmi o di segnalarmi. E’ nel vostro potere.
Oppure potete scegliere di riflettere. Di più e meglio.
Già, perché nel mio post era contenuta anche un’esortazione: “#think”.

“Non pensavo di meritare gli onori della cronaca – spiega il legale viareggino, anche presidente della Camera Penale di Lucca -,  ma, visto che così è, vorrei apertamente ringraziare chi ha dato visibilità al mio diario. In realtà in nessuno dei due post ho mai palesemente parlato di femminicidio, né pensato di paragonare questa tragedia a quella delle morti dei ciclisti. Ma in realtà questi due drammi hanno più punti in comune di quanto si pensi. Non si parla mai abbastanza del femminicidio, ma mi piacerebbe si iniziasse a parlare anche del “CICLISTICIDIO”.

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