Si ritrovava a chiedersi se la sua vita fosse degna di essere vissuta. Se mai lo fosse stata. Sospettava che alla stessa domanda, prima o poi, dovessero rispondere tutti gli uomini. Ma si chiedeva se, anche agli altri, essa si presentasse con la stessa forza impersonale.

“Stoner” è il romanzo di J.E.Williams pubblicato nel 1965 senza grande fortuna, ripubblicato nel 2003 e nel 2006 è divenuto presto un best seller grazie all’attenzione dei lettori, così è stato accolto e apprezzato in Italia nel 2012. In questi mesi è uscita l’edizione a 10 euro per un passaggio tra case editrici e, su consiglio di librai e amiche, ho deciso di leggere di questo romanzo di cui tanto avevo sentito parlare. Fin dalle prime pagine la storia si prefigura con l’andamento narrativo e stilistico che la contraddistinguono, suscitando in me grande interesse e curiosità. Il romanzo ci descrive la storia di William Stoner nella prima metà degli anni cinquanta tra la Columbia University e St. Louis. Figlio di braccianti, diverrà insegnante di letteratura inglese, percorrendo le tappe ordinarie di una vita “normale”: matrimonio, carriera, paternità, adulterio, malattia. Ciò che rende grandioso questo romanzo è indubbiamente la capacità di rendere letteratura l’ordinarietà delle vicende narrate: le amicizie, i conflitti coniugali, i dissapori lavorativi, vengono raccontati e approfonditi in modo lineare eppure con una capacità di toccare il lettore notevole. Stoner è un personaggio remissivo, che fa fatica ad affermarsi, spesso trasmette la sensazione di lasciarsi vivere più che di vivere, eppure è un personaggio capace di destare interesse e chiamare il pubblico dalla sua parte. In alcuni passaggi è addirittura appassionante. Ho trovato per esempio molto avvincenti anche le dissertazioni letterarie che animano il percorso narrativo nel ricalcare la professione di Stoner: non solo sono interessanti gli spunti letterari ma anche la messa in discussione della stessa critica letteraria. Ciò avviene così contestualizzato nella vita di Stoner, che il romanzo non ha sbavature, sorreggendosi su un’architettura ben funzionante. Soprattutto negli ultimi capitoli emerge la figura di Stoner insegnante: sebbene non sia mai stato tra i docenti più in vista, emerge tutta la passione, la dedizione, la messa in discussione in questa professione che ha tracciato il senso dell’esistenza in mezzo ad esperienze e relazioni fallimentari. In questo romanzo ha una grande valenza anche il “non detto”: non saperemo mai i motivi di contrasto con la moglie o con qualche collega, ma alla fine non sono importanti, anzi rendono ancora più schietta la storia. Un romanzo essenziale sull’esistenza ordinaria che se raccontata da un’abile penna può divenire straordinaria e indimenticabile.

 

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