“Gli manca lei, il suo essere sempre così radicale, il non avere mai dubbi, gli manca averla per casa, sentirla ridere, quelle poche volte che si lasciava andare era bellissimo, pensa. Gli mancano le sue mani, il suo pulire la casa alle sette di domenica mattina, gli manca essere svegliato dal suono dell’aspirapolvere, sentirla cantare sotto la doccia.”

Qualche riflessione su “Il nome della madre” (Camurri, NN, 2020) che verrà presentato dall’autore a Viareggio il 30 luglio ore 21 presso il bagno Paradiso, evento a cura della libreria “Lettera 22”.

Con “Il nome della madre”, secondo libro di Roberto Camurri, torniamo a Fabbrico, paese della bassa padana tra Carpi e Guastalla, indimenticabile luogo in cui è ambientato l’esordio dello scrittore “A misura d’uomo”. Protagonista di questo interessante e caratteristico romanzo è l’assenza di una madre che abbandona il figlio piccolo, Pietro, e il marito, Ettore, senza più fare ritorno. Un’assenza senza nome per tutto il libro e che si fa presenza inquietante e fantasmagorica nello sviluppo della trama e dei personaggi. La madre che se ne è andata diviene il punto prospettico in cui i personaggi maschili della storia si trovano a fare i conti per tutta la vita: con lei che li ha abbandonati ma soprattutto con se stessi, con la propria fragilità.

E’ un romanzo maturo, per stile e andamento, il secondo di Camurri che mi ha colpito soprattutto per le scelte narrative fatte dall’autore. Ad esempio l’uso dei tempi verbali, che oscillano tra futuro semplice e presente condizionale, sono indice di stati d’animo proiettati continuamente tra uno status quo e un possibile da raggiungere. Oppure le parti dialogiche inserite senza demarcazioni nel flusso narrativo, come se il confronto con l’altro e con se stessi appartenesse in definitiva a un’unica materia narrativa. Anche in questo romanzo Fabbrico rappresenta un’ambientazione capace non solo di ospitare una storia e di rifletterne le caratteristiche: come in “A misura d’uomo” i luoghi divengono una cosa sola con la materia narrata, ne dettano in qualche modo gli stilemi con cui i personaggi si trovano a convivere. Da questa storia emergono tematiche importanti e per certi versi irrisolte: la difficoltà di essere figli, il desiderio ansiogeno di fuga, la difficoltà di comunicare nelle relazioni che talvolta diviene impossibilità, le declinazioni delle solitudini. Avvincente il gioco con i lettori più attenti nella ricorrenza dei dettagli dalla sedia rossa vuota fuori dal bar, omaggio al primo libro, al cagnolino che segna i ritorni a casa del protagonista.Camurri con questo libro molto curato nell’assetto narrativo, si conferma come autore indiscusso nel recepire la vita di provincia e a rendere narrabile, quasi sacre, le quotidianità apparentemente banali che ne caratterizzano la scansione. Un libro di conferme e innovazioni assolutamente da leggere e consigliare.

Erika Pucci

@erykaluna

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