Alessandro Berselli, poliedrico scrittore bolognese, presenterà il suo ultimo romanzo Il liceo” (Ed. Elliot, 2021) il 29 ottobre a Viareggio presso il bar Eden alle ore 18. L’opera, tra giallo e commedia nera, racconta di scuola, adoelescenti, bullismo e competizione, sia nel mondo adulto che giovanile. In questa intervista approfondisce alcuni nodi tematici.

1) Sei tornato in libreria con una commedia nera dai connotati del giallo classico dove protagonisti sono alunni e docenti di una prestigiosa scuola milanese, mettendo in gioco due importanti armi del tuo talento di scrittore, l’ironia e lo sguardo attendo sul mondo giovanile. Cosa ti ha motivato a tornare su queste strade emerse con successo in altri tuoi precedenti romanzi e a muoverti con disinvoltura tra due generi così netti?
Avevo voglia di scrivere un romanzo noir che avesse le connotazioni del giallo classico ma riposizionato sulla contemporaneità, con un’ambientazione molto glamour, personaggi fighi, una forte caratterizzazione psicologica e soprattutto che trattasse diversi temi paralleli, le difficoltà dell’adolescenza, i difficili rapporti tra giovani e adulti, la competitività del terzo millennio, bilanciando appunto il crime con i toni della commedia nera.
2) Ne “Il liceo” l’ambientazione e buona parte dei personaggi provengono dall’upper class milanese destinata a dirigere il Paese, ma emergono anche storie di immigrazioni e emarginazione: c’è una forma di contrasto rispetto allo status quo della classe dirigenziale che emerge?
Non è un romanzo sociale, anche se il tema dell’inclusione è uno di quelli trattati nel plot. In realtà ero più interessato alla difficoltà che insorge in ambienti dove il rating di prestazione sembra essere l’unico elemento di valutazione, è questo ne IL LICEO vale tanto per gli studenti quanto per gli insegnanti. È un mondo dove c’è bagarre su tutto. Mica facile sopravviverci.
3) “Il liceo” è anche un’opera sui conflitti generazionali, alla fine ci troviamo in rassegna tre generazioni: i liceali di oggi, i giovani docenti e la generazione precedente a questa rappresentata da altri insegnanti e dai genitori di questi ultimi. Il conflitto si gioca sui valori morali, ma c’è un territorio emotivo che accomuna le tre generazioni? Qual è e che ruolo gioca nello sviluppo del romanzo?
Secondo me ci illudiamo troppo spesso di riuscire a comprendere gli adolescenti quando in realtà il pianeta adolescenza è un mondo sconosciuto di cui nessuno ha il manuale di istruzioni. Spesso nemmeno gli stessi adolescenti, figurarsi poi gli adulti. È un’anticamera a quello che verrà dopo ed è fatta di giuste ribellioni e di voglia di riposizionarsi rispetto alle regole. Ci siamo passati tutti, ma troppo spesso ce lo dimentichiamo e tendiamo a riproporre gli stessi schemi che quando eravamo adolescenti ci innervosivano. Abbiamo la memoria corta.
4) Come sempre hai dato grande spessore psicologico ai personaggi, rendendoli autentici. Quando hai ideato “Il liceo” cosa desideravi che arrivasse al tuo pubblico e ai nuovi lettori?
Volevo che fosse un romanzo incentrato sui personaggi, con una coralità che andasse oltre il baricentro del protagonista, con sfumature psicologiche che si incastrassero con il mistery della trama. Il grosso del lavoro è stato proprio nel cercare questa alchimia.
5) Ci sono dei libri da te amati che ti sono venuti in mente mentre scrivevi?
Io amo molto la letteratura americana, per la grande capacità che ha di essere sempre un grandangolo di osservazione sulla contemporaneità. Quelli sono i miei modelli, poi però nello sviluppo cerco di essere personale e creare una sorta di italianizzazione del romanzo statunitense. Di certo scrittori come Franzen li ho spesso in testa, un maestro assoluto del dialogo.
6) Per molti lettori e critici “Il liceo” è la tua opera più completa perché sintetizza e approfondisce i lati forti della tua scrittura. In cosa, come scrittore e uomo, ti ha fatto crescere la stesura di questo romanzo?
Questo mi fa piacere, uno scrittore vorrebbe sempre che il suo ultimo romanzo fosse il più bello, perché denota una crescita della propria idea di narrazione. Credo che forse la forza di questo libro sia proprio quello di cui dicevo prima, bilancia perfettamente una struttura nera con elementi del romanzo psicologico e una forte ironia di fondo, rilevabile nei dialoghi. Probabilmente la quadratura del cerchio di quella che è la mia idea di scrittura.
7) Uno dei temi centrali è l’alchimia fra le persone e la bellezza dell’umanità in quanto tale, forse è il libro che con più forza fa emergere questo tema. Quanto ha influenzato la pandemia nella tua recente scrittura?
In realtà pochissimo, il libro era praticamente finito prima della pandemia, durante il lockdown è stato solo messo a posto. Quella cosa che tu hai rilevato, giustamente, faceva già parte del mood emotivo del romanzo. È un romanzo sulle persone. E sulla bellezza delle relazioni umane.
8) Con “il liceo” hai ricominciato a incontrare i lettori dal vivo grazie a rassegne e presentazioni. Quanto ti è mancato tutto ciò e qual è la sensazione inattesa che stai riscontrando girando in lungo e in largo per librerie?
Riprendere a incontrare i lettori è meraviglioso, è una parte fondamentale del mio lavoro di scrittore anche perché permette di relazionarsi oltre che promuoversi. Vedo tanta voglia di tornare a frequentare eventi letterari e la cosa mi commuove. Al Salone del Libro c’era tantissima gente, e moltissimi giovani. È un bel segnale.
9) Per il futuro pensi di tornare al noir ad alta tensione portando ancora con te il mondo degli adolescenti?
L’adolescenza credo che in qualche modo farà sempre parte delle mie storie, è un limbo della vita che continua a interessarmi tantissimo. Ho già in mente un’idea per il prossimo libro, e sicuramente ci saranno adolescenti o post adolescenti protagonisti, oltre ai soliti adulti irrisolti. Ci sto lavorando.
10) Per concludere, una canzone da abbinare a “Il liceo” sommando le sensazioni e i riscontri che hai avuto in queste prime settimane di uscita.
Sicuramente ANOTHER BRICK IN THE WALL dei Pink Floyd. Non a caso We don’t need no education, we don’t need no thought control è la frase che apre il libro.

Erika Pucci

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