Il comune di Massarosa vince contro Nuova Cosmave S.p.A. nei quattro ricorsi presentati dalla società contro l’ente al TAR Toscana relativi alla vicenda della ex cava del Brentino, in particolare per quanto riguarda l’uso della marmettola come materiale di riempimento, su cui l’amministrazione comunale, supportata dai pareri dei tecnici, ha sempre fatto resistenza e su cui si è aperto un dibattito data proprio la natura di quel materiale ed il possibile danno ambientale.

La ex cava, classificata nel regolamento urbanistico come area soggetta a recupero ambientale, rientra nelle aree a prevalente ed esclusiva funzione agricola e può avere come successiva destinazione d’uso quella di spazio a verde per lo svolgimento di attività ludico ricreative, pertanto, come previsto dalla norma per queste fattispecie, anche la tipologia dei materiali da utilizzare per la riqualificazione della stessa non può superare i parametri indicati, per questi tipi di zone, dal Testo Unico Ambientale.

“Abbiamo sempre ribadito che l’aspetto ambientale è fondamentale e su questo sito ci sono indicazioni ben precise – spiega la sindaca Simona Barsotti – l’esito del TAR Toscana è frutto dell’attenzione su questa vicenda da parte dell’amministrazione e soprattutto delle verifiche e del monitoraggio da parte degli uffici tecnici sull’area”.

La Nuova Cosmave S.p.A. aveva presentato al TAR Toscana quattro ricorsi contro il comune di Massarosa, che il tribunale ha riunito poiché, pur riguardando provvedimenti diversi, avevano come unico oggetto l’utilizzo dei residui di lavorazione dei materiali lapidei, per la rinaturalizzazione di quella cava. Il comune di Massarosa si è costituito in giudizio sostenendo, anche sulla base di esami svolti da ARPAT, che certi materiali come la marmettola non abbiano i requisiti del sottoprodotto come ritenuto dalla società, ma siano rifiuti, quindi non utilizzabili in quel sito.

“Gli uffici, sin dall’inizio, hanno verificato con attenzione il procedimento autorizzativo relativo al progetto di rinaturalizzazione rilasciato nel 2020, e le fasi successive, compreso il piano di monitoraggio, chiedendo pareri anche legali e supporto tecnico alla direzione Ambiente ed Energia della Regione e ad Arpat. La vittoria al TAR Toscana – dichiara il vicesindaco con deleghe all’urbanistica ed edilizia Damasco Rosi – è frutto di questo lavoro di costante approfondimento e di ricerca portato avanti in questi mesi dagli uffici e particolare dai tecnici dell’ufficio edilizia ed urbanistica”.

Punto nodale del processo è stato infatti il concetto di “sottoprodotto” di una lavorazione industriale e la definizione delle caratteristiche che lo differenziano dal rifiuto, che, sulla base delle prescrizioni date per quel piano di recupero, non può essere assolutamente utilizzato. Il progetto infatti non autorizza un impiego generalizzato dei residui dell’attività lapidea ed il materiale che la società avrebbe voluto portare come sottoprodotto presenta delle sostanze inquinanti, come rilevato dalla stessa ARPAT, cosa non ammissibile per aree aventi quella classificazione urbanistica.

“Alla fine è stato sancito che la marmettola non è sversabile perché considerata un rifiuto – sottolinea l’assessore all’ambiente Mario Navari – Massarosa è un territorio fragile che ha bisogno di attenzioni. Il tema dell’ambiente, per un comune che ha un vocazione naturalistica come il nostro, è per noi una priorità e non è possibile transigere”.

Come correttamente ritenuto dal comune di Massarosa i materiali da utilizzare per il recupero del bacino lacustre avrebbero dovuto consistere solo in “terre e rocce da scavo classificati come sottoprodotti” e il TAR Toscana, nella sentenza, ha definito appunto come rifiuto il materiale che la società avrebbe voluto utilizzare. Per le stesse motivazioni il TAR Toscana ha riconosciuto anche la legittimità dell’ordinanza di sospensione lavori fatta dal comune di Massarosa alla Nuova Cosmave S.p.A

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