“Un morso all’improvviso” (Michele Cecchini, Bollati Boringhieri, 2023)

Il libro

“Un morso all’improvviso” è l’ultimo libro di Michele Cecchini, autore toscano già apprezzato nelle precedenti opere per la sensibilità che emerge nella scrittura al servizio di storie spesso incentrate su personaggi o vicende ai margini della socialità, come conferma questo nuovo romanzo.

Protagonista è Beo, diminutivo di Scarabeo, un quarantenne che vive nella provincia toscana con la moglie e la figlia di lei, che lui stesso definisce “adottiva”. Beo lavora nella palestra del paese come custode, le sere le trascorre alla Casa del Popolo, una sorta di dancing, con l’amico Luciano. Beo soffre di psoriasi ai piedi e si interroga continuamente sulle piccole grandi cose del mondo. La narrazione in prima persona ci porta dritto nella testa del protagonista, così gradualmente siamo catapultati nelle allucinazioni che affliggono Beo, soggetto psichiatrico che scandisce le giornate e il tempo tra modi di dire, rituali ricorrenti, entrata e uscita dalla casa, ossia tra il proprio rifugio ma anche punto di partenza per la voglia di andare nel mondo, senza stare più a bordo campo. Le presenze più ossessive sono gli alieni, ai quali sono attribuibili molte importanti svolte nella vita del protagonista, in primis la scomparsa del padre.

Beo in qualche modo, nonostante il suo sguardo complesso e difficile, è ben consapevole dei propri limiti che, a modo suo, cerca di superare. È proprio in questo sguardo complesso e difficile che scova la poesia nelle piccole cose di ogni giorno con enorme sensibilità.

Note al margine

“Un morso all’improvviso” è una scoperta graduale: il lettore, parola dopo parola, riesce a entrare nel mondo di Beo e nel modo che ha di osservare la realtà. Procedendo con la lettura, nella curiosità di scoprire chi sia veramente Beo, riecheggiano figure letterarie classiche, da Pinocchio alla metamorfosi kafkiana, riviste in modo contemporaneo, scelta che si riflette anche nel tipo di linguaggio utilizzato, dove si alternano frammenti iconici di discorsi popolari a periodi aulici. L’uso della lingua è una della caratteristiche più interessanti di questa opera che spicca per originalità. Ben radicata nella tradizione toscana dei modi di dire, delle parole tipiche, delle espressioni più vivide del linguaggio regionale, la lingua di questo libro è al contempo nitida, netta, acuta, capace di tessere man mano un vero e proprio lessico familiare. Diventa così uno strumento, talvolta doloroso, che conduce nel dramma esistenziale di Beo ma anche nella sua voglia di riscatto e di uscire dal bordo campo. La lingua che Cecchini ha scelto di usare è veramente al servizio della storia: nelle singole parole, nell’alternanza dei vari registri, nelle metafore saettanti, Beo si racconta e racconta, permettendoci di sbirciare sempre più in profondità nel suo mondo.

Un romanzo che narra, con empatia e senza sentimentalismi, la complessità delle deviazioni psichiatriche, con onestà e senza sconti: a volte si ride, a volte si prova tenerezza, a volte rabbia o dolore rispetto a quanto Beo vive. Un insieme di emozioni che coinvolgono e fanno pensare a un tema estremamente attuale ossia l’interazione dei pazienti psichiatrici con la realtà e le relazioni.

Una storia che racchiude la magia e la crudeltà, come nelle migliori delle favole, oscillando tra realtà e ideazione psichica, e che, soprattutto, non lascia indifferenti.

Il libro in una frase

“Voler bene è un morso all’improvviso”

Erika Pucci

“Voler bene è un morso all’improvviso”

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ultimo aggiornamento: 26-08-2023


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