CAMAIORE. E’ una squadra composta dai più forti atleti di tutto il Palio dei Rioni. Si attaccano a quella fune come fosse l’ultima ancora di salvezza. E portano a casa risultati su risultati.

Sono i Black Bull Camaiore, una squadra locale di tiro alla fune che si sta facendo valere a livello nazionale.

La squadra nasce nel 2010, proprio attorno ai giochi del Palio. Grazie al rione Badia alcuni dei migliori atleti della specialità si mettono insieme, costituiscono un’unica squadra, e iniziano a militare stabilmente nel campionato italiano.

La squadra in questi anni ha gradualmente conseguito risultati sempre più gratificanti, grazie all’esperienza acquisita sul campo. L’ultima entusiasmante gara un paio di settimane fa, a Cento, con una trentina di tifosi al seguito. I nero-oro dei Black Bull hanno ottenuto un buon quinto posto a livello nazionale.

Della squadra di Camaiore fanno parte Gabriele Barsanti, Pietro Belli, Maicol Bianchini, Giovanni Borelli, Roberto Brocchini, Stefano Dalle Luche, Filippo Francesconi, Marco Giunta, Lorenzo Mattei, Gabriele Matteucci, Galliano Pardini, Michele Pistilli e Nicola Spelta. Ad allenarli è Gabriele Ceragioli, mentre responsabile e dirigente della società sono Alfredo Dalle Luche Alfredo e Ileana Pasquali.

“Il tiro alla fune – affermano gli atleti della Black Bull – affonda le sue origini storiche in epoche antiche, sia come cerimoniale propiziatorio a simboleggiare la contrapposizione tra forze, sia come attività sportiva, rimanendo per 50 anni (1870-1920) disciplina olimpica, prestigioso ruolo che probabilmente tornerà a ricoprire nel 2016. Tiro alla fune, per chi lo pratica, è uno sport, una tradizione dove si mescolano forza, capacità ed entusiasmo. Animati da questo spirito, nel 2009 alcuni partecipanti del Palio dei Rioni di Camaiore maturano l’idea di costituire una squadra, per rappresentare la nostra città di Camaiore e la Toscana ai campionati italiani indoor”.

(Visitato 168 volte, 1 visite oggi)

LUNARDINI A TRENITALIA: “INACCETTABILE L’AUMENTO DEI PREZZI”

VIAREGGIO, I COLPI DI TACCONO NON SERVONO: PER LA SALVEZZA CI VUOLE UN ATTEGGIAMENTO DIVERSO