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VIAREGGIO. Niente riesce a mettere i brividi ad un atleta, specialmente a quelli che praticano discipline pressoché sconosciute, più dei Giochi Olimpici. Londra chiama a raccolta nuotatori e corridori, calciatori e ginnaste, tiratori e judoka da tutto il mondo e l’Italia sarà più che degnamente rappresentata, come sempre. Il sogno azzurro sarebbe centrare il traguardo delle 30 medaglie ed un contributo significativo potrebbe arrivare dai tre atleti versiliesi – la viareggina Diletta Carli nel nuoto e i pietrasantini Luca Tesconi nel tiro a segno e Nicola Vizzoni, capitano della nazionale di atletica leggere. Sono questi gli ultimi nomi di sportivi che hanno rappresentato alle Olimpiadi quel lembo di terra incastonato tra le cave di marmo di Carrara e la torre di Pisa.

La Versilia fa il suo debutto a cinque cerchi ai Giochi di Anversa del 1920 grazie a Sem De Ranieri. Nato a Viareggio nel 1892, incarna la figura del vero sportivo a tutto tondo. Nel corso della Prima guerra mondiale partecipa alla fondazione dell’Esperia, la prima squadra di calcio cittadina, e successivamente diventa il presidente del neonato Sporting Club Viareggio, nato nel 1919 dalla fusione tra diverse società locali. Un anno dopo parte alla volta di Anversa, dove prende parte alle gare a squadre della carabina militare in piedi (300 metri) e a terra (300 e 600 metri).

I suoi rimpianti maggiori sono concentrati nel primo caso. La squadra italiana composta da cinque tiratori totalizza un punteggio di 251, appena quattro lunghezze in meno rispetto agli Stati Uniti, premiati con l’argento, e alla Svezia, che porta a casa il bronzo. Quattro anni dopo si presenta a Parigi, dove questa volta cerca fortuna nella gara dei 600 metri a terra e nella prova a squadre dai 400, 600 e 800 metri. Il risultato, però, è piuttosto deludente, come dimostra il 65° posto su 71 partecipanti nel tiro a segno da terra. Una volta chiusa l’attività agonistica, si dedica alla politica locale e persino al celebre Carnevale viareggino.

Due illustri concittadini, Carlo Biagi e Arturo Maffei, ebbero decisamente miglior sorte ai Giochi di Berlino del 1936.

Biagi entra a far parte della nazionale di calcio allenata da Vittorio Pozzo, l’uomo che ha regalato al Belpaese la prima Coppa del Mondo due anni prima. La spedizione azzurra in Germania è composta da studenti universitari, giacché i calciatori professionisti, ufficialmente riconosciuti in Italia con l’introduzione della Carta di Viareggio nel 1926, non erano ammessi alle Olimpiadi. L’ala sinistra Biagi, che giocava nel Pisa, fece il suo debuto il 3 agosto nella sofferta vittoria per 1-0 contro gli Stati Uniti, ma fu quattro giorni dopo che scrisse la storia del calcio italiano.

Gli azzurri incontrano nei quarti di finali il temuto Giappone che, a sorpresa, ha fatto fuori la Svezia. Dopo il vantaggio di Annibale Frossi, futuro giornalista sportivo che indicò lo 0-0 come il risultato perfetto, Biagi segna poco dopo la mezz’ora e si ripete nella ripresa quando sono passati dodici minuti. Gli ultimi dieci, a cui l’Italia arriva in vantaggio per 5-0, sono un autentico trionfo viareggino. Biagi colpisce altre due volte e porta a quattro il numero di reti personali, un primato mai eguagliato sino ad oggi nella storia della nazionale italiana. Il gol dell’8-0 finale lo sigla lo spezzino Giulio Cappelli, capitano della selezione, reduce dalla salvezza con il Viareggio nel campionato di Serie B. In seguito diventerà allenatore di varie squadre, tra cui Lucchese, Inter e Catania, e “mercante di calciatori”, come scrisse Antonio Ghirelli nel suo libro “Storia del calcio in Italia”.

Foto www.fidaltoscana.it

Il pallone è strettamente connesso anche con la storia di Arturo Maffei. L’atleta viareggino era infatti un apprezzato portiere e il presidente della Fiorentina, il marchese Luigi Ridolfi, stravedeva per lui. Ridolfi, capo della delegazione azzurra ai Giochi di Berlino, era anche a capo della Giglio Rosso, società di atletica leggera, forse il vero amore di Maffei. Dopo aver portato avanti entrambe le carriere, il poliedrico viareggino decide di dedicarsi al salto in lungo: per tenersi in allenamento in estate va sulla spiaggia, dove allinea quattro pattini da salvataggio.

Nonostante gli otto titoli italiani, l’impresa per cui viene maggiormente ricordato risale ai Giochi del 1936. Grazie alla sua tecnica del “tre passi e mezzo” fa registrare una misura di 7 metri e 73 centimetri: è nuovo record italiano, un primato che resisterà fino al 1968. Manca il bronzo per un solo centimetro, in una gara che vede il celebre fuoriclasse afroamericano Jesse Owens trionfare sull’idolo di casa Luz Long.

Maffei diventa grande amico di Owens e si racconta che lo abbia spesso accompagnato a conoscere i giocatori della nazionale di calcio nel Villaggio Olimpico. Ha poi avuto l’onore di assistere al celebre episodio della mancata stretta di mano tra Hitler e Owens alla cerimonia di premiazione: “Il Führer stese il braccio destro proprio mentre Owens gli stava per stringere la mano”, ha sempre raccontato Maffei. “A quel punto Hitler provò a tendergli la sua, ma Owens rispose con il saluto militare.”

Ritiratosi nel 1941, Maffei entra a far parte dello staff tecnico della Fiorentina e aiuta l’allenatore Fulvio Bernardini a vincere il primo scudetto dei viola. Muore nell’agosto 2006, appena un mese dopo il trionfo di un altro viareggino, Marcello Lippi, nella finale dei Mondiali di calcio giocata proprio all’Olympiastadion. Alla sua memoria è stato intitolato un meeting di atletica e la pista dello stadio dei Pini.

La Versilia ha poi dovuto attendere due decenni per tornare ad essere rappresentata ai Giochi. Corre l’anno 1956 quando Livio Tesconi, nato a Forte dei Marmi, gareggia nel canottaggio a Mebourne, sede delle prime Olimpiadi estive disputatesi a dicembre. L’equipaggio italiano, però, viene eliminato nelle semifinali.

(1 – continua)

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