CAMAIORE. “Spesso anche noi del FLI di Camaiore, abbiamo proposto diverse soluzioni  per risolvere il problema dei parcheggiatori e rivenditori abusivi nel parcheggio dell’ospedale Versilia, ma a oggi non è stato ancora risolto niente. Voglio anche sottolineare che siamo contro a questa invasione indiscriminata di extracomunitari, che in qualche modo ogni giorno raggiungono il nostro paese senza permesso di soggiorno”.

Fabrizio Pellegrini, coordinatore comunale di Fli, trona sulla spinosa questione dei parcheggiatori abusivi nel posteggio dell’ospedale Versilia, sollevata nei giorni scorsi dal Pli, tramite la sua segretaria Luisella Audero.

“Dobbiamo anche tener conto che è proprio allo straniero che spesso affidiamo le nostre persone più care, le più fragili della nostra famiglia: gli anziani ed i bambini. Tanti di noi hanno generosamente aperto le loro case a collaboratori stranieri: uomini e donne che condividono con noi il “peso” dei nostri affetti. Noi vorremmo occuparci dei nostri cari, ma non possiamo perché il lavoro ce lo impedisce, allora lo straniero viene in nostro soccorso e condivide il nostro peso. Prima ancora che nostri “dipendenti”, dunque, essi sono i nostri “collaboratori”: ciascuno di loro, lontano da patria e affetti più cari, desidera trovare nelle nostre famiglie un luogo sicuro, un porto di riparo, una nuova esperienza familiare. Adesso proviamo a riflettere su quale sia il nostro atteggiamento nei loro confronti. Spesso li accogliamo come veri membri della famiglia, ci affezioniamo, entriamo in reale relazione con loro e ci appassioniamo alle loro storie. Altre volte, però, dobbiamo riconoscerci manchevoli. Troppo spesso, per un paese che si dice “cristiano”, ai migranti lavoratori si impongono condizioni di vita improponibili: lavorano 24 ore al giorno, 7 giorni su 7; magari si riconosce loro la libera uscita per qualche ora a settimana, ma non hanno diritti.

Lavorano “a nero” (cioè senza un regolare contratto che li tuteli) o con contratti fintamente part-time; non hanno diritto a malattie o a ferie; non riescono a tornare in patria, dai loro figli o genitori, neanche una volta all’anno; non possono scegliere cosa mangiare, ma devono accontentarsi di quello che passa la famiglia presso cui lavorano. Se l’esasperazione dà loro il coraggio di presentare qualche rimostranza, sanno che possono realmente perdere il lavoro e così stroncare il sogno di far studiare i propri figli: e allora decidono di stare zitti e subire. Quelli che lavorano nelle campagne hanno paghe misere e condizioni di lavoro (ovviamente in nero) spesso inumane. Non possono permettersi una casa, quindi spesso dormono all’aperto, in cascine abbandonate o sotto i ponti. Eppure è proprio grazie al loro lavoro che noi possiamo avere frutta e verdure fresche sulla nostra tavola ogni giorno. In talune situazioni ci si trova di fronte a vere e proprie schiavitù che gridano vendetta al cospetto di Dio. In molti sappiamo eppure in pochi parliamo”.

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ultimo aggiornamento: 29-10-2012


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