LUCCA. Nella mattina di sabato scorso è scoppiata una violenta rissa tra i detenuti nel carcere di San Giorgio a Lucca. Nella terza sezione del carcere – dove sono detenute 67 persone – è andato in scena un vero e proprio scontro tra diverse etnie: italiani, arabi, georgiani e rumeni si sono affrontati a calci, pugni, colpi di caffettiere, lame di scatolette e altri oggetti. Due detenuti, un marocchino e un rumeno, sono stati violentemente colpiti e portati in ospedale.

Le ragioni della rissa, breve ma cruenta, sono da ricercare in precedenti litigi tra alcuni carcerati coinvolti nello scontro di sabato mattina. A scongiurare conseguenze peggiori, è stato l’intervento degli agenti di polizia penitenziaria che sono riusciti subito a riportare la calma. Una calma che è sempre precaria tra le celle del carcere lucchese: l’8 febbraio scorso un detenuto tentò di suicidarsi, e anche in quella occasione, solo il tempestivo intervento di una guardia evitò la morte.

“Cos’altro dovrà accadere o dovrà subire il nostro personale di Polizia Penitenziaria perché ci si decida ad intervenire concretamente sulle criticità di Lucca?”.  Si chiede Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sape, la più rappresentativa organizzazione di categoria”.

“La carenza di personale di Polizia Penitenziaria a Lucca – circa 40 tra agenti, sovrintendenti ed ispettori in meno negli organici – il pesante sovraffollamento: sono circa 140 i detenuti presenti, dei quali il 60% circa gli stranieri, con le conseguenti ripercussioni negative sulla dignità stessa di chi deve scontare una pena in celle affollate oltre ogni limite e soprattutto di chi in quelle sezioni deve lavorare rappresentando lo Stato come i nostri agenti, sono temi – continua Capece – che si dibattono da tempo, senza soluzione, e sono concause di questi tragici episodi. Episodi di violenza che sono inaccettabili e vanno stigmatizzati e contrastati con fermezza”.

Ovviamente a livello nazionale le cose non vanno meglio: la polizia penitenziaria ha settemila agenti in meno. A detta del sindacato, gli agenti non fanno formazione e aggiornamento professionale “perché l’Amministrazione evidentemente ha altro a cui pensare, come anche per le conseguenze di quell’effetto burn out dei poliziotti determinato dall’invivibilità di lavorare in sezioni detentive sistematicamente caratterizzate da eventi critici – suicidi, tentati suicidi, aggressioni, risse come quella del carcere di Lucca, atti di autolesionismo, colluttazioni. Non ha fatto niente il DAP, su tutto questo”, accusa Capete.

Proprio per questa situazione critica, che fa del carcere di Lucca una polveriera, una delegazione del Sape della Toscana ha manifestato lo scorso 4 aprile davanti al Dipartimento a Roma, chiedendo che resti il carcere a Lamezia Terme e l’allontanamento del Capo Dipartimento Tamburino e del Vice Capo Pagano.

 

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