VERSILIA. Nuova puntata di FeliceMente, la rubrica di VersiliaToday dedicata alla mente e alla sua conoscenza, curata dalla dottoressa Valentina Aletti. Questa settimana l’articolo è firmato da Ornella Giusti, insegnante di psicologia-pedagogia-filosofia.

Scuola: il colloquio tra insegnanti e genitori

Nei giorni immediatamente precedenti le vacanze di Natale, nelle scuole, si è svolto  il colloquio tra insegnanti e genitori. Un evento importante sentito all’interno delle famiglie, anche in termini di ansia e di aspettative ma che non riceve adeguata attenzione . Se ne dovrebbe parlare di più perché parlarne aiuta a trovare o almeno a cercare i modi più costruttivi per trasformare questo incontro in un momento di comunicazione con lo scopo di contribuire allo sviluppo formativo dei ragazzi che vanno a scuola, a cominciare dai più piccoli.

Recentemente la cronaca( Il Tirreno di giovedì 5 dicembre 2013)  , in un inserto settimanale, ha messo in luce proprio questo evento paragonandolo ad un “duello” tra genitori e docenti.

Un duello, proprio quello che troppo spesso avviene e non dovrebbe accadere proprio perché la scuola più formativa è quella che  fa innamorare dello studio i ragazzi  prima di valutarne le capacità.  Auspicio presente nell’articolo al quale si fa riferimento e che appartiene all’ analisi critica di due insegnanti sul tema dei colloqui.

L’ obiettivo di una scuola che entusiasma rischia di non poter essere realizzato se, a cominciare dai colloqui, la relazione scuola famiglia non assume le caratteristiche della comunicazione tra due interlocutori che hanno come denominatore comune del loro agire il progetto formativo dei più giovani, ovvero i loro desideri, le loro aspettative, quello che in realtà si aspettano da se stessi. Un progetto che spesso è ignorato dai grandi e messo  a tacere proprio dagli attori principali, i ragazzi, che non sono disposti a farne confidenza con gli adulti.

Considerare il proprio figlio “ incompreso” dagli insegnanti  o, al contrario, poco impegnato,fannullone  e  valutare il proprio alunno soprattutto in termini di voti conseguiti non è esattamente quello che serve per la sua crescita come persona, come studente, come cittadino.

Lo scambio di queste convinzioni durante il colloquio esclude  la comunicazione costruttiva ; emergono  pareri contrastanti  ed  è frequente la frase “…è un bravo ragazzo ma certo potrebbe fare di più !” A casa  il resoconto del genitore sul colloquio con gli insegnanti si sintetizza in una precisa richiesta “Devi impegnarti di più, altrimenti…” e qui seguono tutte le possibili restrizioni e/o punizioni che saranno attivate se non si realizzerà una maggiore quantità di studio, richiesta legittima ma priva dell’indicazione fondamentale da parte degli adulti sul perché e come studiare di più.

Se la famiglia e la scuola servono a dare gli strumenti utili  per far esprimere l’identità e dare un senso alla vita dei ragazzi, questo loro compito inizia proprio dalle indicazioni di senso sul perché studiare e come farlo. E’ inutile  appellarsi alla “buona volontà” perché la volontà è il risultato di un percorso fatto di emozioni, motivazioni, interessi e riconoscimento del proprio valore.

Umberto Galimberti ,in una Conferenza rivolta agli insegnanti, afferma che l’identità non nasce perché uno è al mondo ma dai riconoscimenti che  raccoglie dal mondo.”Se uno mi dice dalla prima elementare che io sono un cretino, alla fine mi convinco e mi comporterò da cretino.”  Anche la motivazione allo studio nasce dal riconoscimento. Un brutto voto non è un fallimento personale ma una occasione per distinguere la capacità di fare bene dalla tendenza a commettere errori. Capire gli errori è il primo passo per intraprendere una gara con se stessi, quella di far prevalere la capacità di non ripeterli e progressivamente ottenere risultati migliori nei voti. Per imparare non serve l’accanimento pedagogico di continue spiegazioni ripetute e lunghe serie di esercizi, né sono utili le costanti raccomandazioni a prestare maggiore attenzione, a stare di più sui libri,  perché tutto questo non  toglie di mezzo sfiducia, angoscia e disinteresse.

Andare a scuola deve essere un piacere e per questo scopo  è determinante il contributo di genitori e di insegnanti più attenti alla qualità delle conoscenze imparate che alla quantità, più preoccupati di osservare il livello di soddisfazione nello stare a scuola che dei voti conseguiti.

E’ più facile per tutti e per i più giovani in particolare imparare “come si fa” quando quello che va fatto piace.

 Un caro augurio di buone feste a tutti i lettori di felicemente, con la speranza che chi è felice lo sia ancora di più e chi è triste riesca ad esserlo un po’ meno. Valentina Aletti

FeliceMente è curata da Valentina Aletti, psicologa clinica, laureata presso l’Università degli Studi di Firenze. Specializzanda in psicoterapia sistemico-relazionale ha conseguito master di perfezionamento in PNL , diagnosi e cura dei disturbi del comportamento alimentare e obesità , consulenza tecnica e peritale e disturbi dell’apprendimento e comportamento in età evolutiva. Per informazioni o richieste scrivere a [email protected]

Avvertenza: questa rubrica ha come fine quello di favorire la riflessione su temi di natura psicologica. Le informazioni fornite hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di regolare consulenza professionale. Le mail saranno protette dal più stretto riserbo e quelle pubblicate, previo esplicito consenso del lettore, saranno modificate in modo da tutelarne la privacy.

 

 

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