VIAREGGIO. Il primo a cercare di rasserenare gli animi era stato, già dalle prime ore del mattino, il presidente del Cgc Viareggio Alessandro Palagi. “I tifosi seguano la partita lontano dal palazzetto. La vostra lontananza sarà la dimostrazione più forte della nostra cultura sportiva”: questo il suo appello su Facebook.

Niente da fare. O meglio: gli sportivi bianconeri lo hanno ascoltato e sono rimasti a debita distanza per buonissima parte dell’incontro. Anche se al cuor non si comanda. E allora eccoli radunati nel piazzale antistante il palazzetto mentre attendono con comprensibile ansia, ma encomiabile compostezza, la fine di gara-quattro della finale scudetto con il Forte dei Marmi disputata a porte chiuse. Quella che teneva in vita il sogno tricolore di una gloriosa polisportiva e dei suoi tifosi, costretti a rimanere fuori dalla grande festa neanche fossero degli appestati.

La sirena che in un PalaBarsacchi mestamente silenzioso annuncia la vittoria del Cgc suona come il tormentone “Al mio segnale scatenate l’inferno” reso celebre da una fortunata pellicola di Ridley Scott. Le pareti dietro le panchine sono tutt’altro che trasparenti, eppure lasciano filtrare il rosso infuocato dei fumogeni accesi dai tifosi.

I giocatori bianconeri capiscono che non possono trascurarli. Non stasera, almeno. E allora le porte si spalancano, le grida di gioia dei tifosi rimbombano tra le taciturne pareti del palazzetto. Le braccia da cui sono scaturiti i cinque gol nella porta di Stagi si impastano con quelle dei tifosi, i cori squarciano il silenzio surreale dei cinquanta minuti di gara. Quello che all’apparenza poteva essere un handicap per il Cgc si è paradossalmente rivelato uno stimolo che ha spronato tutti. Giocatori e tifosi. Perché la simbiosi tra queste due componenti, ormai, non è più una notizia.

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La fotogallery di Cgc-Forte

Al via la prevendita per gara-5 tra Forte e Cgc