MASSAROSSA. “Ritrovare la bellezza”, ottava edizione 2015. Nella SALETTA S.GIOVANNI del Complesso monumentale di Pieve a Elici il Circolo culturale “Borgo di genere” promuove il Quinto incontro, VENERDI 28 agosto, dal titolo: “I corsari in Versilia – 450 anni dall’incursione dei barbareschi a Massarosa”.

Ore 20.30 Inaugurazione delle tavole acquarellate di Franco Benassi che raccontano il saccheggio.
Ore 21.15 presentazione del libretto, Pezzini editore “I corsari in Versilia”. Interviene lo storico Marco Gemignani. Intermezzo con il soprano Anna Luisa Scano

Questo incontro, la mostra e la pubblicazione del relativo volumetto è stata organizzato per commemorare i 450 anni trascorsi dall’incursione condotta nel luglio del 1565 dai corsari nordafricani per saccheggiare Massarosa “che è una villa circha di 60 case e’ molto populata che ne da 5 osterie”.
Durante il saccheggio, una quarantina dei suoi abitanti furono portati via e quasi tutti probabilmente venduti come schiavi a

Tripoli e mai più tornarono in Versilia. All’epoca, questo tipo di evento era purtroppo assai comune nel Mediterraneo e rappresentava una specie di “spada di Damocle” appesa sulla testa di chiunque abitasse nei centri costieri e tale pericolo, sempre incombente, viene ricordato con la nota frase “Mamma li turchi”, che oggi ci fa magari un po’sorridere ma che allora, quando veniva gridata di notte con terrore, era l’inizio di un incubo reale che poteva durare tutta la vita. Quello che accadde a Massarosa una notte di quasi mezzo millennio fa, è riportato nel volumetto da Marco Gemignani, insegnante di “Storia navale”
presso l’Accademia navale di Livorno, che ha potuto consultare i documenti dell’epoca. Il testo è impreziosito dalle tavole realizzate appositamente da Franco Benassi, docente di materie artistiche a Viareggio e coordinatore di eventi culturali. Una sinergia, dunque, tra testo narrativo e pagina illustrata per coinvolgere il lettore in una realtà del passato che oggi si tinge di fantastica avventura.

Nel Mediterraneo per secoli fino al 1830, quando i francesi occuparono l’Algeria, le coste di buona parte dei Paesi cristiani erano soggette alle scorrerie dei corsari barbareschi, se non addirittura a vere e proprie incursioni in grande stile da parte della flotta ottomana. Infatti una consistente percentuale
dell’economia degli Stati nordafricani dell’epoca (Tripoli, Tunisi, Algeri eFez) dipendeva dal commercio degli schiavi di fede cristiana, che venivano catturati durante questi attacchi di sorpresa ai centri rivieraschi e a bordo delle navi, specialmente mercantili. Gli uomini, le donne e i bambini, presi a viva forza, erano condotti in Africa settentrionale e venduti nei mercati
di schiavi al miglior offerente, come si fosse trattato di
merce comune. Da quel momento il destino di questi sfortunati dipendeva specialmente dalla ricchezza, dal sesso,dall’età e dalla forza fisica. Normalmente gli uomini prestanti erano impiegati come rematori a bordo delle navi corsare e da guerra, delle quali
divenivano i veri e propri motori, oppure potevano essere utilizzati per lavori manuali anche molto pesanti; le donne, se belle e giovani, venivano mandate negli harem, mentre se non avevano queste caratteristiche diventavano delle domestiche. Le persone ricche potevano tentare di essere riscattate dai parenti, anche se, per le distanze, i mezzi di trasporto e di comunicazione dell’epoca, per raggiungere tale risultato potevano essere necessari alcuni anni. In seguito, per cercare di far liberare anche le persone meno abbienti, vi si dedicarono alcune congregazioni religiose,come quelle dell’Ordine di Santa Maria della Mercede e della Santissima Trinità, che raccoglievano tramite offerte le somme per pagare il riscatto richiesto. I prigionieri, per migliorare la loro condizione, a volte rinnegavano la fede cristiana e si convertivano all’Islam e ciò poteva portare alla loro liberazione; essi in seguito addirittura avevano la possibilità di far carriera all’interno della compagine amministrativa degli Stati barbareschi e dell’Impero ottomano o trasformarsi in corsari. Per tentare di difendere le coste cristiane dal pericolo permanente di queste incursioni furono edificate nel corso del tempo centinaia di torri, molte delle quali ancora esistenti, come la cosiddetta “Torre Matilde” di Viareggio, la cui guarnigione ebbe una parte abbastanza importante negli avvenimenti che verranno trattati durante la serata.

Un appuntamento da non perdere.

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