VIAREGGIO. Alle 17,17 del 1 aprile per il Viareggio si sono spalancate le porte della Serie D. Il triplice fischio dell’arbitro dopo il 3-0 al Lammari allo stadio “dei Pini” aveva il dolce suono della liberazione da una categoria con cui le zebre, per il loro blasone, avevano poco (o nulla) a che fare. L’epilogo più “normale” per una squadra che in organico disponeva di gente come Buglio, Scandurra e Reccolani, trascinatori in campo, come nello spogliatoio e che per questo non poteva tirarsi fuori dalla lotta per la promozione, anche a dispetto di una preparazione iniziata in ritardissimo, il 24 agosto, ad appena due settimane dalla costituzione della nuova società.

Le vicende dell’Esperia, sparita dai professionisti tra fidejussione falsa e ricorsi a pioggia, tutti respinti, avevano lasciato il segno. E qualche tifoso temeva che il calcio a Viareggio sarebbe divenuto materia eterea. Poi, un gruppo di dirigenti e l’amministrazione comunale (guidata dall’allora sindaco Betti) hanno concretamente dimostrato che rimboccandosi le mani ripartire era possibile.

Sergio Carnesalini ha scelto Paolo Tognarelli per guidare le zebre verso quella Serie D che era l’unico obiettivo contemplabile, anche se nessuno tacitamente lo affermava. Ci sono voluti tempo e pazienza. Tanta. Il Viareggio, superate le comprensibili difficoltà iniziali, è salito in vetta alla classifica e lì ci è rimasto per tutto l’inverno. Ma il peggio doveva ancora venire.

Camaiore e soprattutto GhiviBorgo, senza timore reverenziale alcuno, sino all’ultimo hanno provato a strappare lo scettro ai bianconeri e la squadra di Fanani per un breve periodo ci è pure riuscita, complice il successo nello scontro diretto di metà febbraio. Il Viareggio ha cominciato a pareggiare in serie.

L’1-1 con la Pro Livorno è stato il punto più basso, con Tognarelli pronto a farsi da parte. Ma la dirigenza è stata brava, ha saputo resistere alla tentazione, nonché follia, di cambiare allenatore a sei giornate dalla fine. Mossa vincente, perché di lì in poi le zebre hanno ricominciato a vincere ed altro non hanno fatto sino a quel mercoledì pomeriggio di inizio aprile. Il 3-0 al Lammari, i gol di Visibelli, Buglio e Mammetti, poi la festa. Tutti hanno parlato di capolavoro, qualcuno pure di miracolo, ripensando che dieci mesi fa non esisteva neppure una società e che all’inizio mancava tutto: maglie, coni, palloni.

È stato il trionfo di Tognarelli, che ha saputo tenere a freno i facili entusiasmi e tenersi al riparo dalle mareggiate di primavera, di Buglio che con quei favolosi piedi che si ritrova ha pennellato dipinti in serie, di Reccolani che è stato il primo a sposare la causa bianconera e che per metà stagione è rimasto fuori per la rottura del menisco, di Caciagli, Visibelli e Mariani che assieme al capitano sono rimasti e che ora sono colonne portanti della squadra che cerca di salvarsi in Serie D, di Scandurra che a dispetto dei problemi fisici e del tempo che avanzava ha superato la doppia cifra e che per impegno e abnegazione è stato un esempio per tutti, dei giovani che hanno tenuto un rendimento elevato (Bruzzi, Signorini e Chimenti su tutti), di Monopoli, cavallo di ritorno e perno della difesa. Ognuno ha contribuito alla promozione del Viareggio.

Parentesi felice di un 2015 che si è invece chiuso male, con una squadra inaspettatamente in zona play-out, quando invece doveva lottare per ben altre posizioni. Meglio consolarsi con i ricordi di quel 1 aprile. Nessun “pesce”, come malignamente qualcuno potrebbe insinuare…

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ultimo aggiornamento: 31-12-2015


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