Le risposte anticorpali al virus SARS-CoV-2 nei pazienti con COVID-19

E’quanto si legge sul sito dell’Ars Toscana

Comunemente, a seguito dell’esposizione all’agente virale, il nostro sistema immunitario produce anticorpi, chiamati immunoglobuline M (IgM) ed immunoglobuline G (IgG), diretti verso le proteine dell’involucro virale.

Gli anticorpi IgM sono prodotti nella fase iniziale dell’infezione e  forniscono una protezione a breve termine. Gli anticorpi IgG sono prodotti durante la prima infezione  e generalmente sono responsabili della protezione a lungo termine.

Studi sulla sindrome respiratoria acuta grave (SARS) e la sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS) hanno dimostrato la presenza di anticorpi specifici contro questi virus nell’80–100% dei pazienti a 2 settimane dopo l’insorgenza dei sintomi [1,2].

Fra le molte cose ancora poco note del virus SARS-CoV-2, una riguarda proprio la risposta anticorpale nei pazienti con COVID-19. Su questo tema il 29 aprile 2020 la rivista Nature Medicine ha pubblicato i risultati di uno studio sulla risposta anticorpale a SARS-CoV-2 condotto su 285 pazienti con COVID-19 in 3 ospedali cinesi.

Lo studio ha dimostrato che la risposta immunitaria contro SARS-CoV-2 si sviluppa entro 19 giorni dall’insorgenza dei sintomi con una positività per IgG del 100% nei pazienti arruolati. La sieroconversione per IgM e IgG si è verificata contemporaneamente o in sequenza. La metodologia adottata prevedeva l’utilizzo di un test sierologico immunoenzimatico a chemiluminescenza magnetica (MCLIA) per il rilevamento di anticorpi specifici per virus.

I risultati hanno mostrato che il 100% dei pazienti è risultato positivo alle IgG dopo circa 17-19 giorni dopo l’insorgenza dei sintomi, con un picco raggiunto nel 94,1% dopo 20-22 giorni dall’inizio dei sintomi. Durante le prime 3 settimane dopo l’insorgenza dei sintomi, ci sono stati aumenti dei titoli anticorpali IgG e IgM specifici per il SARS-CoV-2.

Una parte dei pazienti arruolati (n=63) sono stati monitorati fino alla dimissione, con la raccolta di esami sierologici a intervalli di 3 giorni. Tra questi, il tasso complessivo di sieroconversione era del 96,8% (61/63) nel periodo di follow-up. In questi pazienti la sieroconversione di IgG o IgM è stata raggiunta entro 20 giorni dall’esordio dei sintomi, mediamente intorno al 13° giorno. Non è stata riscontrata nessuna correlazione tra i livelli di IgG al plateau e le caratteristiche cliniche dei pazienti.

Inoltre, per verificare se i test sierologici possono aiutare a identificare pazienti con sospetto COVID-19, sono stati esaminati 52 casi dubbi (sintomi di COVID-19 o anomalie radiologiche per i quali i test per l’RNA virale erano negativi in almeno due campioni sequenziali) e 164 contatti ravvicinati di pazienti con infezione da SARS-CoV-2 nota. I risultati hanno mostrato che alcuni soggetti, risultati negativi al test RT-PCR (reazione a catena della polimerasi inversa), presentavano risultati positivi al test sierologico per IgG e/o IgM.

Complessivamente lo studio ha dimostrato che i criteri per la conferma dell’infezione MERS-CoV raccomandati dall’Organizzazione mondiale della sanità (sieroconversione o aumento di 4 volte dei titoli anticorpali di IgG specifici), sono utilizzabili per la maggior parte dei pazienti con COVID-19. Tuttavia, una raccolta del primo campione di siero dovrebbe essere effettuata il prima possibile poiché il 12,2% dei pazienti aveva già raggiunto il plateau del titolo di IgG entro 7 giorni dall’esordio dei sintomi.

Inoltre, nonostante gli autori confermino che la RT-PCR rappresenti una metodica efficace per confermare l’infezione precoce da SARS-CoV-2, suggeriscono di effettuare il completamento diagnostico dei casi sospetti (risultati negativi all’RT-PCR) attraverso l’utilizzo del test sierologico.

In conclusione, nonostante il numero esiguo dei pazienti coinvolti, i risultati dello studio sottolineano l’importanza dell’esecuzione del test sierologico per raggiungere una più accurata stima della diffusione del COVID-19 nella popolazione. Nonostante i risultati dello studio siano promettenti, gli autori sottolineano la necessità di effettuare studi futuri riguardanti l’attività neutralizzante degli anticorpi IgG rilevati contro SARS-CoV-2.

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ultimo aggiornamento: 24-05-2020


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