Il 27 aprile è uscito per Nero Rizzoli l’ultimo libro di Massimo Carlotto “E verrà un altro inverno”, un romanzo ambientato in una valle dove il lavoro industriale determina le relazioni sociali e personali. Su questo noir capace di sovvertire le regole classiche del poliziesco, ho intervistato Massimo Carlotto.

  1. “E verrà un altro inverno” è il titolo del tuo ultimo romanzo che si svolge in una realtà piccola: siamo nel centro di una valle, lontano da grandi città e periferie. Un centro abitativo ristretto con delle regole non scritte precise e stringenti. Perché hai scelto questa ambientazione? Cosa ti interessava esplorare grazie al noir?

Una dinamica precisa della provincia, un luogo dove un tempo c’era un forte radicamento legato ad agricoltura e allevamento e alla trasformazione industriale che lo ha travolto. Mi interessava sottolineare il passaggio da un mondo all’altro, con un impatto schiacciante evidenziando il potere. Il potere prima era in mano a chi possedeva terre e animali, ora è in mano a chi possiede industrie: l’equilibrio del potere di fatto non è mai cambiato ed è sempre nelle mani persone “per bene”. In questo ho voluto sottolineare il legame stretto tra crimine e società.

  • Il cuore del racconto è un omicidio di un forestiero sposato con una delle ereditiere più in vista della città. L’evento mette in discussione numerosi assetti e relazioni, personali e sociali. Quali sono i desideri, gli obiettivi che muovono i personaggi e quindi la trama?

Io racconto una situazione dove alcuni i personaggi decidono di dedicarsi al crimine con motivazioni precise ma anche con le possibilità offerte dal caso per scoprire situazioni clandestine o nascoste. Ci sono tre grandi molle: potere, sesso, denaro. Le analizzo nella pratica dal livello più basso della popolazione che aspira a entrare nelle grazie dei maggiorenti pur sapendo che non potranno mai essere come loro. In questo emerge il fallimento esistenziale alla ricerca di una scorciatoia come il crimine.

  • Ho trovato i personaggi del tuo romanzo molto “forti”: sei stato capace di caratterizzarli fin dall’inizio e di coinvolgere il lettore nel loro arco di trasformazione. In particolare, ho trovato molto interessanti in questa analisi le tre donne, l’ereditiera e le due mogli. Cosa accomuna donne così diverse in una realtà claustrofobica come quella che descrivi tu?

Secondo me tutti i personaggi femminili della storia sono personaggi molto forti, anche i personaggi secondari, come la madre di Federica e la moglie di Giavazzi. In questo romanzo il ruolo delle donne è quello tipico del nostro tempo: trovare soluzioni ai problemi con un grande senso del futuro. In questo momento storico il modello maschile è in crisi, mentre quello femminile regge il peso delle crisi e le donne trovano soluzioni. In questo romanzo le donne mettono in chiaro che l’uomo deve mettersi da parte perché non è in grado.

  • Ci sono argomenti che emergono nella trama in modo importante come la manipolazione dell’opinione pubblica e la credibilità per conquistarsela. In una realtà come quella che descrivi perché sono elementi fondamentali?

La credibilità è un’articolazione del potere: chi ha il potere e lo esercita funziona così. Ad esempio, il pettegolezzo è uno stratagemma preciso, con delle sue regole e dinamiche, per cui il meccanismo che doveva essere meno creduto è quello più importante. Questo processo contrappone la realtà del luogo alla realtà vera.

  • La posta in gioco che accomuna i protagonisti è il mantenimento dello status quo o l’aspirazione per il miglioramento per il quale si è disposti a sacrificare persino la memoria. Che valore ha la memoria nel romanzo?

La memoria è una contraddizione tra la memoria storica del luogo della cultura contadina condivisa opposta a quella industriale, uno stravolgimento epocale che determina scollamento rispetto alla memoria. Chi conserva la memoria è in grado di comprendere come risolvere le situazioni. Per esempio, difendere il pollaio dalla faina è una cosa antica che fa riferimento alla civiltà contadina, ma è stata trasmessa anche nella trasformazione industriale, sintomo di come la memoria si possa tramandare all’interno. E poi c’è la memoria legata alla vendetta, ma su questo non si può spoilerare.

  • Qual è il personaggio che ti sei divertito di più a tratteggiare?

Mi son divertito tanto con Stefano Clerici ma anche con Manlio, mi son divertito in generale anche con quelli minori come per esempio la moglie Giavazzi.

  • Il libro si caratterizza per un grande gioco di complicità col lettore che riesce grazie alla narrazione a partecipare agli eventi e al tempo stesso a essere spiazzato. In che modo hai cercato questo coinvolgimento assolutamente vincente dal punto di vista narrativo?

Ho costruito un romanzo corale e circolare dove il lettore pensa di essere continuamente il detentore della realtà ma i colpi di scena lo obbligano a correggere i punti di vista. È un lettore che sa la verità ma è spiazzato dai colpi di scena che sono anche momenti di riflessione.

  • Ho apprezzato molto l’alternanza tra tensione e ironia. Come definiresti la tua ironia e che funzione svolge nella trama?

L’ironia è uno strumento fondamentale per spalancare le porte sulla psicologia dei personaggi, ti permette di metterli a nudo: sorridere su una cosa che fa il personaggio, ti permette di comprenderlo.

  • Progetti futuri?

Sto partecipando ai festeggiamenti collana Giallo Mondadori per i settanta anni, il libro esce a gennaio 2022 con un personaggio nuovo.

Erika Pucci

@erykaluna

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ultimo aggiornamento: 09-05-2021


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