VIAREGGIO. Non saranno andati oltre il quinto posto nella graduatoria dei carri di prima categoria, ma i fratelli Umberto e Stefano Cinquini sono stati – loro malgrado – buoni profeti: la loro costruzione “La guerra dei poveri” del Carnevale 2013 già nel titolo vaticinava un disagio sociale latente e che ora è deflagrato in via definitiva. Sì, a Viareggio ormai siamo alla guerra tra poveri.

Facciamo una premessa: queste righe che state leggendo potrebbero sembrare un editoriale, piuttosto che un articolo di cronaca. Ma certe precisazioni appaiono doverose in questo clima da “tutti contro tutti”, in particolare contro il Carnevale di Viareggio, “reo” di aver soffiato fondi preziosi alle scuole materne o agli impianti sportivi.

Se il Carnevale di Viareggio si farà nel 2015 sarà solo grazie all’intervento della Regione Toscana, anche se il milione e 600mila euro anticipato dai giornali nelle ultime ore non basta a coprire tutti i capitoli di spesa del bilancio della Fondazione Carnevale. Si dirà: il Comune ha un buco da 120 milioni di euro acclarato dalla Corte dei Conti (“Non potevamo spendere nemmeno 500 euro”, ha dichiarato l’ex sindaco Leonardo Betti nel giorno della sua caduta), impensabile che possa finanziare la manifestazione.

Probabilmente è vero, ma alla politica si può benissimo contestare di non aver saputo capitalizzare un fatto che, indipendentemente dal futuro di Burlamacco, rimarrà nella storia della città: parliamo della sfilata estiva della “Notte delle Maschere”, interamente autofinanziata dall’acquisto – volontario e non obbligatorio, s’intende – di braccialetti e t-shirt. Un crowdfunding, volendo utilizzare una terminologia in voga tra gli esterofili, che ha avuto per protagonisti anche numerosi commercianti. E che poteva davvero segnare un nuovo modo di concepire e vivere il Carnevale, visto davvero come un’opportunità e non come un peso.

(foto Mauro Pucci)
(foto Mauro Pucci)

Ma torniamo all’attualità: negli ultimi due anni molti cittadini trovavano insensato che il Comune si preoccupasse di finanziare il Carnevale mentre prendeva corpo il dramma dell’emergenza abitativa. Le priorità, insomma, erano ben altre secondo l’immaginario partito del “benaltrismo”. Frattanto il Comune ha progressivamente ridotto il contributo per la manifestazione – dai due milioni e 100mila euro della giunta Lunardini, roba di tre-quattro anni fa, si è passati a un milione e 400mila euro – che, secondo un articolo-studio del quotidiano “Il Sole 24 Ore”, assicura a Viareggio un indotto stimato in 15 milioni di euro.

Adesso che il Comune non ha più soldi, il Carnevale – con i carristi in prima linea – ha invocato l’aiuto della Regione Toscana. L’edizione 2015, salvo ripensamenti da parte del commissario prefettizio Valerio Massimo Romeo, non costerà nemmeno un centesimo ai contribuenti viareggini, eppure c’è chi critica comunque lo stanziamento di oltre un milione di euro per i corsi mascherati mentre le rette per gli asili e la tassa di soggiorno schizzano alle stelle e gli impianti sportivi rischiano di chiudere i battenti.

L’errore più grossolano da commettere, tuttavia, è proprio questo – mettere in contrapposizione il sociale con il porto, i servizi educativi con la piscina, il Carnevale con il Festival Pucciniano. Una guerra fratricida tra cultura, turismo e servizi essenziali, una guerra tra poveri, per l’appunto. E nei giorni scorsi sembra essere passata clamorosamente sottotraccia la notizia dei 100 milioni di euro di tasse evase da numerosi viareggini (avete letto bene: 100 milioni di euro di tasse evase). Il male, oltre alla pessima gestione del bene pubblico da parte della classe politica negli ultimi 10-15 anni, alberga anche nella pretesa – e non solo a Viareggio, in realtà – di ricevere e vedere garantiti determinati servizi senza pagarli.

Questo, naturalmente, non scagiona del tutto il Carnevale: anche la principale manifestazione cittadina ha i suoi scheletri nell’armadio. Ma pensare di risolvere i problemi economici di Viareggio rinunciando all’unico evento che ancora tiene in piedi una città derelitta è utopistico, oltre che miope. Senza dimenticare che se il Carnevale dovesse saltare per un anno quasi sicuramente rimarrebbe fermo per sempre.

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ultimo aggiornamento: 07-11-2014


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