C’è solo un capitano, un capitanooo…” urlano dalla platea i migliaia di spettatori accorsi al concerto di Gigi D’Agostino.

Siamo nel 2016, in Versilia. Una roba che se non la vedessi non ci crederei. Un’orda di ventenni che urla a pieni polmoni verso un cinquantenne vestito come se fossero ancora gli anni ’90 del secolo scorso.

Ventenni o poco meno. Ventenni o poco più.

I trentenni-e-qualcosa come me si contano sulle dita di una mano.

Monca.

A trascinarmi all’evento dell’Hangar di Pietrasanta (in realtà mi ha solo detto: “ti va se ti allungo un biglietto?”) è stato mio fratello. Ventenne o poco più.

Perché la nostalgia è così, trasforma in qualcosa di irrinunciabile anche quello che anni e anni prima avresti sfanculato senza pensarci su due volte.

Così, Gigi D’Agostino con il suo concerto mi ha mostrato la Versilia del futuro.

Un futuro dove posti come l’Hangar saranno le nuove bussole e capannine e ultrasessantenni DJ coi lustrini ed ex componenti di boyband (e chissà, magari britneyspearsate varie) saranno i nuovi Jerry Calà.

Ci sarà il ricambio generazionale anche nei vip/snob. E quelli saranno cresciuti nei nostri stessi anni.

Gigi D’Agostino, ed è subito 1999

Arrivo all’Hangar che c’è una bolgia. Non so esattamente che numeri facciano di solito, ma dai commenti della gente fuori mi pare che serpeggi dello sgomento.

Entro e si confermano i timori della vigilia: c’è a stento lo spazio per muoversi, una calca tremenda carichissima in vista dell’ingresso del Maestro. Sì, uno dei tanti soprannomi di Gigi è “il Maestro”, come fosse Battiato.

E in fondo, nel suo ambito, ne può reclamare il diritto. Ha in carriera dischi d’oro e di platino, venduto milioni di copie (quando ancora si vendevano), scalato le classifiche generaliste con pezzi dance commerciali, suonato in tutta Europa e stabilito record tipo quello di essersi esibito per oltre 30 serate consecutive in Germania.

Come detto, ci sono pochissimi trentenni e ancor meno ultra-trentenni: la folla è composta da ragazzine e ragazzini vestiti casual, con t-shirt e sneakers, già con le mani al cielo al grido di “PO-PO-RO-PO”, sillabe che scandiscono il più grande successo di Gigi D’Agostino.

Eh sì, L’Amour Toujours è un pezzo entrato e rimasto davvero nei cuori di tutti, generazioni successive incluse. Un classico, nel vero senso del termine. Il 1999 fu l’anno del suo successo planetario: oltre a lei, Bla Bla, The Riddle, Another Way.

Sarà che in questo 2016 L’Amour Toujours è stato ripreso da due giovani DJ di grido come Dzeko e Torres, che lo hanno riproposto e riportato al successo in tutto il mondo, sdoganando un via definitiva il ritorno sulle scene del “Maestro”.

La “Sindrome dell’età dell’oro” e Gigi D’Agostino

Come tanti nati nei primi anni ’80 che idolatrano, per fare un esempio, i Duran Duran che erano sulla cresta dell’onda quando emettevano il loro primo vagito, così quelli che nuotavano nella placenta o gattonavano nel 1999 vedono ora con buona probabilità Gigi D’Agostino come qualcosa di più del DJ bollito che molti vorrebbero.

Si chiama “Sindrome dell’età dell’oro” e colpisce più o meno tutti, portandoci a vedere nel passato, anche recente, anche discutibile, quello che non troviamo in questo liquido e frustrante presente.

Troviamo certezze, motivetti conosciuti, la comfort-zone del già visto e sentito e soprattutto sicuro, digerito e accettato.

Mentre nella mia adolescenza fatta di Bowie, Lou Reed, Bob Dylan, Depeche Mode e Joy Division combattevo la “dance commerciale di m****” e consideravo dei sub-umani quelli che la idolatravano, quelle canzoni si facevano strada inesorabilmente in Italia e in Europa, vendendo milioni di copie e riempiendo posti impensabili.

Gigi D'Agostino
Gigi “Il Maestro” D’Agostino

Conquistandosi di fatto quella dignità nella cultura pop che sarebbero tornate a reclamare al momento opportuno.

Ovvero, quando la patina del tempo avrebbe reso dorata la buona, vecchia nostalgia canaglia.

La Dance Toujours

Anni dopo, in mezzo a serate di varia natura – dalla sagra all’evento sportivo alla discoteca in voga… alla funzione regiosa – avremmo ritrovato quei pezzi e li avremmo trovati sono solo tollerabili, ma addirittura degni di salti e dimenamenti vari sull’onda del “come eravamo”, del “ma sì dai in fondo ormai è storia” e “chissenefrega, vamos!”.

Perché un ventenne che va a saltare su Gigi D’Agostino dovrebbe avere meno considerazione di uno che va a vedere due venerabili cariatidi come Tom Jones e Van Morrison (tipo me, per restare al recente Summer Festival)?

In fondo, se qualcuno scriveva che la Versilia è ancora bloccata negli anni Sessanta, tra una manciata d’anni potremo anche evolverci e pensare di fare uno stop negli anni Novanta.

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ultimo aggiornamento: 12-08-2016


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