VIAREGGIO. La vita ti toglie qualcosa, la vita te lo restituisce. E il calcio segue il medesimo copione. Evidentemente Viareggio era nel destino di Cristiano Lucarelli, che ora muove i primi passi da allenatore dopo aver appeso gli scarpini al chiodo: esonerato dal Perugia la scorsa estate dopo un’amichevole giocata allo stadio dei Pini, riparte dai professionisti proprio in sella alle zebre, da una località di mare come la sua Livorno.

Tra gioie e dolori. La città che con la sua terra natale si contende la paternità del cacciucco di pesce segna una tappa fondamentale del giovane Lucarelli agli albori della carriera. Dopo gli inizi con il Carli Salviano e l’Armando Picchi, dopo il debutto in Serie D con la maglia dell’oggi scomparsa Cuoiopelli ecco l’anticamera del calcio professionistico con la chiamata nella Primavera del Perugia. In Umbria a Lucarelli non mancano le soddisfazioni personali – segna ben 55 reti in un paio di stagioni. E nemmeno le amarezze: è il 1995 quando i grifoni battono 2-0 la Fiorentina ai supplementari nella semifinale della Coppa Carnevale, salvo vedersi assegnata la sconfitta a tavolino a causa di un cavillo del regolamento del torneo.

Dalla Sila ai Colli Euganei. Si consolerà presto, il giovane Cristiano: pochi mesi dopo si trasferisce a Cosenza, nel campionato cadetto, per la sua prima stagione tra i grandi. L’inizio è col botto: segna 15 reti, contribuisce alla salvezza dei calabresi e si guadagna la chiamata del ct Cesare Maldini per i Giochi olimpici di Atlanta, dove l’Italia viene però eliminata al primo turno.

La sua avventura in azzurro prosegue anche la stagione successiva, quando viene acquistato dal Parma e girato in prestito al Padova fresco di retrocessione dalla massima serie. Lucarelli continua a segnare – 14 gol in 34 partite è il suo bottino – e vince l’oro ai Giochi del Mediterraneo ma c’è pure spazio per le magagne: i tifosi patavini non gli perdonano di aver mostrato una maglietta con l’effige di Che Guevara dopo aver gonfiato la rete in una partita dell’Under 21 giocata nella città che gli ha dato i natali. “Comunista, tornatene a Livorno” gli gridano.


Gitano del pallone.
In effetti, Lucarelli a casa tornerà per davvero. Ma non subito: prima si sposta di qualche chilometro, a Bergamo. Poi vola in Spagna, dove fatica a essere protagonista del Valencia allenato da Claudio Ranieri. Infine fa impazzire i tifosi del Lecce diventando il miglior realizzatore dei salentini in Serie A e borbottare quelli del Torino, cui regala comunque la gioia di segnare alla Juventus nel derby. Proprio in questi anni dà alle stampe assieme al suo procuratore Carlo Pallavicino il libro “Tenetevi il miliardo”, dove scrive che “ci sono giocatori che con i soldi guadagnati si comprano lo yacht, una Ferrari, una villa al mare. Ecco, io con questi soldi mi ci sono comprato la maglia del Livorno”. È un atto d’amore verso la squadra della propria città, per la quale giocherebbe anche a costo di dimezzarsi lo stipendio. La profezia si avvererà.

Foto calcio.fanpage.it
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Livorno, odi et amo. È la torrida estate del 2003: Lucarelli torna a casa. L’amaranto del Livorno è simile al granata del Torino, ma lo fa palpitare di più, molto di più. Trova un allenatore emergente come Walter Mazzarri – toh, un ex giocatore del Viareggio – in panchina e un attaccante non più giovincello ma sempre prolifico come Igor Protti come compagno di reparto. Cristiano segna 29 reti e corona un sogno cullato sin da bambino: giocherà con il Livorno in Serie A.

L’anno dopo di gol ne fa 24, diventa capocannoniere del massimo campionato, viene convocato nella nazionale del ct viareggino Marcello Lippi: man mano che Protti si avvicina al ritiro diventa lui l’uomo simbolo della squadra e di tutta una città. È un amore travolgente, passionale, impetuoso. Che finirà male, nonostante le 101 reti in quattro stagioni: nel 2007 Lucarelli saluta tutti per andare in Ucraina, allo Shakhtar Donetsk dell’oligarca Rinat Akhmetov, dicendo che in Italia non può giocare per altre squadre. Non sarà così.


Tra Parma e Napoli.
Il rigido inverno dell’Est non fa per lui e a gennaio, nel mercato di riparazione, rientra in Patria: a chiamarlo è un Parma che annaspa nella lotta per non retrocedere. Lucarelli non riesce nell’impresa e sprofonda con i crociati in Serie B, riportandoli tuttavia subito nella massima serie segnando, tra gli altri, un gol al Pisa. Il Parma lo gira in prestito al Livorno, dove rimane un anno, e poi al Napoli, dove chiude la carriera nel 2012. Tornerà, comunque, a Parma seppur nelle nuove vesti di allenatore: Ghirardi gli affida la panchina degli Allievi Nazionali e lui contraccambia la fiducia vincendo scudetto e Supercoppa.

Foto calcio.fanpage.it
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Fuori dal campo. Questa la carriera del Lucarelli calciatore. Ma sarebbe riduttivo parlare di lui solamente come un (ormai ex) centravanti col vizietto del gol. Perché Lucarelli è stato molto di più. È stato un personaggio discusso, intanto: non ha mai nascosto le sue simpatie di sinistra e memorabile in tal senso è stato il duello contro la Lazio di Di Canio, perfetto antagonista di Cristiano per orientamento politico con il quale al tempo stesso condivideva il temperamento sanguigno, l’essere capitano della squadra del cuore e la simbiosi con le rispettive tifoserie.

E poi è stato anche un imprenditore, che lanciò il quotidiano “Il Corriere di Livorno” per tentare di rompere il monopolio de “Il Tirreno” in città. Sbucò, addirittura, l’ipotesi di buttarsi in politica. Ma, almeno per ora, c’è solo il pallone nella vita di Lucarelli. Un pallone che gli ha restituito il maltolto. Il cerchio è chiuso. Ora si guarda avanti, verso l’orizzonte.

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La presentazione di Cristiano Lucarelli (il video)

Viareggio, Lucarelli ne convoca venti per la trasferta di Lecce