“Come un’onda che si tuffa sullo scoglio” (G. Bernard, Felici Editore, 2021)

Trama

“Come un’onda che si tuffa sullo scoglio” è l’ultimo libro di Giorgio Bernard a cura Felici editore. È la storia in forma di romanzo dell’ex portiere juventino Roberto Tancredi, narrata dallo stesso giocatore a un villeggiante e un figlio capitati nel suo bar a Rosignano. Ciò che scorre nella narrazione è il racconto di una vita da un campo di calcio all’altro, da una maglia di una squadra all’altra, tra vicende sportive e storia personale. Il libro è articolato in venti capitoli, ognuno dei quali intitolato come una partita realmente disputata dal protagonista. Con un linguaggio e un ritmo da cronaca calcistica, scorrono pagina dopo pagina gli eventi della vita di Tancredi ed emerge nitidamente l’aspetto sportivo e soprattutto umano di questo memorabile giocatore. Gli episodi che costellano la storia del portiere bianconero sono anche evocativi per raccontare il cambiamento del calcio dalla fine degli anni Cinquanta agli inizi del nuovo millennio. Ciò che Bernard fa è rendere Tancredi un personaggio letterario, restando fedele all’essenza e ai suoi valori come uomo e sportivo. Inoltre, in questo romanzo dal ritmo avvincente e coinvolgente anche per un pubblico non sportivo, l’autore sa con maestria fare del calcio raccontato la lente d’ingrandimento sui grandi cambiamenti politici e sociali del nostro paese, ricordandoci come questo grande spettacolo che è il gioco del calcio faccia, in ogni caso, da sottofondo alle nostre giornate e alla nostra storia.

Note al margine

Mi sono avvicinata a questo romanzo con i dubbi della lettrice che ama lo sport raccontato ma non segue il calcio. È straordinaria la capacità dello scrittore di saper coinvolgere allo stesso tempo un pubblico appassionato e sportivo ma anche i lettori meno esperti del genere. Il segreto di questa empatia che il libro stabilisce con chi legge è nella già comprovata abilità di Bernard nel rendere romanzo le vicende personali e fare delle persone raccontate dei veri e propri personaggi attraverso una scrittura precisa, asciutta e colorata condita da una decisa sensibilità nell’osservazione della realtà e nella costruzione della storia.

Lo scrittore, infatti, dimostra enorme rispetto sia per Tancredi protagonista del libro, sia per il lettore: continuamente desta l’interesse attraverso riflessioni, sottolineature emotive dove accanto allo sport emerge l’immensa umanità del protagonista fatta di tutte le sfumature esistenziali: rabbia, speranza, amore, paura…

Così anche il lettore meno esperto di calcio si sente perfettamente calato dopo le prime pagine all’interno dello stadio e a tifare per il protagonista, soffrendo e gioendo con lui fuori e dentro gli stadi. La figura del portiere è molto particolare all’interno della squadra e delle partite e Bernard sa giocare con questo ruolo sia in senso realistico che metaforico esistenziale.

Ho apprezzato la ricerca linguistica dell’autore, ad esempio sulle evidenze sonore che sono trascritte di certe parole: rendono la lingua viva e la narrazione ancora più partecipata. Altro aspetto rilevante è l’approfondimento storico e documentale effettuato per la ricostruzione di ogni singola partita evocata e che denota un’accuratezza dettagliata anche a livello storico.

Mi è piaciuto moltissimo l’innegabile legame tra calcio e storia del nostro Paese con i relativi mutamenti: in maniera delicata ed efficace e anche coraggiosa questo emerge in maniera crescente all’interno della dinamica narrativa.

È stato definito “un libro in cui irrompe continuamente la vita” e forse è questa la formula magica di Bernard: far emergere da una storia personale lo spropositato amore per la vita in ogni sua forma, e in ogni situazione, anche quelle più difficili, a conferma di come lo sport possa portare valori morali se vissuto con onestà e passione.

Il libro in un passaggio

“Sono trascorsi esattamene quindici anni esatti e lui è tornato al punto di partenza. Rosignano. Il paese è cambiato, nel frattempo: dappertutto sono spuntate villette bifamiliari a due piani, come funghi, e intorno alla vecchia fabbrica, attività grandi e piccole, giardini campi da gioco. Il boom economico è esploso e poi evaporato anche qui. E dopo sono arrivati la contestazione, la crisi economica, gli anni di piombo. Invece che tre lustri sembra essere passato un secolo e l’unico a non esserne accorto è proprio lui, Roberto, che da quella benedetta primavera del ’57 è come se fosse rimasto chiuso in punizione dentro a uno sgabuzzino, provvisto di gradinate, spalti ed erba pettinata”

Erika Pucci

@erykaluna

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